Nei sei mesi dal 1° gennaio al 1° luglio 2016 il valore della sterlina è crollato di 12,02 punti percentuali rispetto all’euro: secondo i calcoli di Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, le aziende della provincia pagate in pounds potrebbero ritrovarsi 60,6 milioni di euro in meno nei propri conti solo per via della svalutazione monetaria. Il presidente Carlo Valerio: «Per le nostre imprese che esportano il tasso di cambio rischia di incidere più della diminuzione dei volumi di produzione ed esportazione. Con la moneta unica il problema non si sarebbe posto».
Brexit, il vero problema è la svalutazione. Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, all’indomani del referendum che ha portato la Gran Bretagna a lasciare l’Europa ha già analizzato quali potrebbero essere le conseguenze per il futuro delle imprese del territorio che lavorano con il Regno Unito, stimando che, entro il 2017, le esportazioni potrebbero contrarsi del 7%, diminuzione a cui aggiungere l’effetto delle possibili tasse doganali, che inciderebbero per un altro 5% sui margini delle aziende, per un totale di 58 milioni di euro di minori introiti. La questione, però, non si risolve qui, perché occorre anche stimare quali perdite siano causate dalla mera svalutazione della sterlina. Ebbene, negli ultimi sei mesi – nel lasso di tempo che va dal 1° gennaio al 1° luglio 2016 – il valore della sterlina nei confronti dell’euro è sceso del 12,02%: a inizio anno una sterlina equivaleva infatti a 1,356 euro (e un euro a 0,734 pounds), mentre a inizio luglio ne vale 1,193 (e un euro vale 0,838 pounds). Occorre tener conto che le aziende che esportano in Gran Bretagna sono pagate in sterline. Ipotizziamo ora che i contratti firmati per il 2016 siano gli stessi dell’anno precedente, equivalenti a 487 milioni di euro di esportazioni (a tanto ammontavano nel 2015): quei 487 milioni di euro al 31 dicembre del 2015 equivalevano a 357,46 milioni di sterline. Ma le imprese che nel complesso avessero firmato contratti per 357,46 milioni di sterline non si ritroverebbero più in cassa 487 milioni di euro, ma, per effetto della svalutazione, solo 426,45 milioni. 60,55 milioni di euro in meno, soldi che si sono volatilizzati per il semplice effetto del crollo della valuta inglese e su cui le imprese padovane non possono più fare affidamento.
«E’ un aspetto, quello dei tassi di cambio, che non mi sembra sia stato sinora adeguatamente considerato» commenta Carlo Valerio, presidente di Confapi Padova. «In realtà, come si vede, rischia di avere un’influenza sulla vita delle nostre aziende maggiore rispetto a alla contrazione nei volumi di produzione. E’ la dimostrazione di quanto, al netto delle affermazioni di questa o quella forza politica che mira a parlare esclusivamente alla “pancia” degli elettori, l’ingresso nell’euro sia stato tutt’altro che negativo, perché ha garantito stabilità alle nazioni che l’hanno adottato, compresa l’Italia: se la Gran Bretagna avesse aderito alla moneta unica, di fatto, oggi non ci troveremmo a dover affrontare problemi del genere e lo stesso Regno Unito non guarderebbe al futuro in uno stato d’allarme».
«Dico questo» conclude Valerio, «pur considerando che dietro al crollo della sterlina di questo periodo non c’è alcuna giustificazione proveniente dall’economia reale inglese, perché è in larga parte dovuto a un evidente processo di speculazione finanziaria. Oggi, peraltro, è facile ricordare come l’Italia, nel suo passato, abbia spesso fatto ricorso alla svalutazione per attrarre investimenti. E’ un giochino, tuttavia, che forse potrebbe ancora reggere nel breve periodo ma che alla lunga mostrerebbe la corda, alla luce della sempre più stretta interdipendenza fra i mercati internazionali».