Oggi ho compiuto gli anni. 38. Ho avuto due regali grandi. Il primo: fare cena con mia moglie e mia figlia all’Otium. Non mi capita spesso di poter mangiar fuori ad un orario decente. Cena “guastata” purtroppo quasi subito da un problema. Un giornale non aveva ricevuto una foto che avevo inviato in serata. “Amore mio, salgo un attimo in ufficio di nuovo”. E mia moglie come al solito ha sorriso, ha detto, “va bene” con tanta dolcezza. Seconda parte del primo regalo, l’amore per mia moglie. Scendo e trovo Giulia che gioca con una bimba indiana. Due anni, bellissima, si chiama Soha, che in indiano significa Stella. Mia moglie e Wassim, la mamma di Soha, sedute sulla panca davanti a palazzo Moroni che chiacchierano. Dall’altra parte, dal lato del Pedrocchi, arriva un altro papà, il papà di Soha. Ha appena finito di lavorare anche lui. Ci fermiamo entrambi a guardare le nostre bambine, vestite con gli stessi colori. Poi ci salutiamo.
Sono convinto che anche lui fosse contento di questa coincidenza di colori, della sintonia tra due bambine che non parlano eppure si capiscono. E’ successa una cosa che sembra strana ed invece è normale: due uomini e due donne con figlie della stessa età si fermano una decina di minuti a chiacchierare. Solo che i due uomini e le due donne vengono da continenti lontanissimi. Eppure ci siamo capiti al volo con un sorriso. Una cosa emozionante, difficile da spiegare e che non so se tutti capiranno. Ma se uno non capisce la bellezza di una cosa così o sono io che non trovo le parole per spiegarla, o è lui che non ha capito che quelle due bambine che giocano e quelle due donne che chiacchierano sono il presente di una città che ha trovato la sua maniera di ritornare ad essere grande anche in questo secolo. La prossima volta che mi chiedono perchè amo Padova risponderò: “Perchè a mia figlia è capitato di fare amicizia con una bambina indiana che si chiama Stella, davanti al municipio”.
Sono cose che ti succedono a Padova, se hai la fortuna di avere un contrattempo di lavoro, una moglie dominicana e una famiglia e una città che ti ha educato insegnandoti che il mondo non si divide in bianchi o neri, ma in persone per bene e persone malvagie.
E’ stato bello vedere Soha e Giulia giocare, ci siamo scambiati i numeri di telefono tra genitori. Ci rivedremo. Perchè si capisce che Soha e Giulia hanno fatto subito amicizia. Le porteremo di nuovo a giocare sul listòn: davanti all’università queste due bambine mi hanno dato una grande lezione.
Alberto Gottardo