Che viso aveva sant’Antonio? se lo sono chiesto i tecnici di una equipe internazionale, l’esito è stato svelato nel corso di un convegno tenutosi ieri sera al centro culturale San Gaetano.
Il volto di sant’Antonio rimarrà in esposizione dal 12 al 22 giugno negli spazi della Mostra della Devozione popolare, nella Basilica del Santo (Chiostro del beato Luca Belludi).
Tutto ha avuto inizio da un’intuizione del Museo di Antropologia dell’Università di Padova. «Avevamo già ricostruito volti di nostri antenati e di personalità del nostro territorio come il poeta Francesco Petrarca – racconta Nicola Carrara, il conservatore del Museo di Antropologia –. Perché non ricostruire quello di sant’Antonio, la personalità legata alla città di Padova più famosa al mondo? In questa scelta è stato fondamentale il contributo del Centro Studi Antoniani. Di sant’Antonio avevamo il calco del cranio, realizzato nel 1981 in occasione della ricognizione dei resti del corpo e una prima ricostruzione fatta dallo scultore Roberto Cremesini nel 1995. Era davvero quello il vero volto del Santo? A distanza di 30 anni avevamo le conoscenze e le tecniche per verificarlo. E il risultato della nostra ricerca è sorprendente».
Durante la serata hanno illustrato la loro avventura scientifica: Luca Bezzi, 35 anni archeologo, membro di Arc-team Archaeology (Cles, TN), specializzato in ricostruzioni 3D, che ha fatto le foto del calco da ogni angolatura e ha creato il prototipo tridimensionale; Luciano Bertazzo, francescano conventuale, direttore del Centro Studi Antoniani (Padova), che ha messo a disposizione della ricerca tutte le sue conoscenze e le fonti dell’epoca.
E poi la controparte internazionale di questo team nato intorno al progetto: Cicero Moraes, designer 3D brasiliano di 31 anni, molto noto per le sue ricostruzioni facciali in ambito archeologico e collaboratore del Laboratorio de Antropologia e Odontologia Forense (FOUSP) dell’Università di San Paolo (Brasile).
Avvincente la storia, quasi come un film: «Volevamo che Cicero Moraes lavorasse alla cieca, per non essere influenzato dalla grande personalità cui apparteneva quel cranio – spiega Carrara –. Gli abbiamo comunicato solo i dati essenziali: maschio, 36 anni, caucasico e gli abbiamo lasciato campo libero». Gli scarni indizi sono confrontati con migliaia di dati forensi, archiviati in tutto il mondo. E dal mare di informazioni Moraes, senza saperlo, ricava la prima, inequivocabile conferma: è un iberico, probabilmente un portoghese. Per Moraes la scoperta che si tratta di sant’Antonio, santo veneratissimo in Portogallo e in Brasile, è un colpo al cuore: «A ogni passo mi domandavo chi fosse quell’uomo. Quando l’ho saputo, sono rimasto senza parole, letteralmente meravigliato. Nonostante io non sia particolarmente religioso, ho sentito una grande responsabilità: milioni di persone nel mondo avrebbero visto in faccia il loro Santo».
Entra in scena a questo punto l’ultimo importante attore: il Centro de Tecnologia da Informação «Renato Archer» di Campinas (San Paolo), un centro specializzato nella stampa 3D ad alta precisione.
Dai suoi laboratori riemerge il volto di sant’Antonio, a quasi 8 secoli dalla morte.