Crociata anti mendicanti a Padova: il vescovo fa rispondere che non risponde, riflette

 

E’ arrivata una nota dalla Curia ieri pomeriggio. Ma a parlare non è il padre vescovo Antonio Mattiazzo. La crociata anti mendicanti, la caccia all’irregolare nelle case popolari, il no a chi prega un altro Dio continua. Ma nella nota del capo ufficio stampa della Curia si fa sapere che “Ci sono poi tempi e luoghi; ruoli e compiti da non confondere a piacimento”. Pare di capire che ci sia una certa irritazione in Curia per l’editoriale scritto giorni addietro che viene degnato di riferimenti precisi. Se il padre vescovo si è sentito offeso, ce ne scusiamo sinceramente. Ma non ce ne pentiamo e rilinkiamo l’editoriale perchè l’intenzione non era quella di offendere, ma di chiedere una parola dalla guida spirituale della comunità cattolica, che ancora non arriva. Qui di seguitola nota a firma Sara Melchiori, direttore Ufficio Stampa della Diocesi di Padova.

La Chiesa non si esprime. Più volte sui giornali e sui social di questi giorni si sono rincorse affermazioni di questo tipo, a volte perplesse, a volte irriverenti fino al limite della decenza (qualcuno svegli il vescovo) per non parlare dei rimandi impliciti a Schettino, del tutto inopportuni e gratuiti. E noi zitti.
I preti di trincea si schierano pubblicamente, si sa è il loro terreno; i parroci nel silenzio operoso quotidiano dal pulpito aiutano i fedeli a collegare il vangelo alla vita. Pur nella sua complessità, difficoltà, contraddittorietà. E noi zitti. Il vescovo non parla. Strano.
Tutti “vogliono” una voce ufficiale, una dichiarazione della Chiesa, fino ad arrivare a scomodare il Papa: «di questi tempi, con un Papa così…». E noi zitti.
Tranne forse trovare la disponibilità di qualcuno e poter finalmente dire che la Chiesa si schiera da una parte o dall’altra, o meglio “contro”, oppure non sa che pesci pigliare!

Ebbene, la Chiesa non si schiera in battaglie: di conflitti seri che ci devono interessare fuori dal perimetro cittadino (ma dentro le nostre coscienze) ce ne sono fin troppi di questi tempi. La logica della violenza – anche verbale – e dello scontro non porta da nessuna parte.
La Chiesa c’è sempre e non solo quando qualcuno chiede la voce forte o dell’autorità. La Chiesa c’è nel quotidiano, con i suoi limiti e con le sue virtù, che non necessariamente ambiscono alla prima pagine di quotidiani o tg, né tantomeno ai “mi piace” dei commenti più social.
Ci sono poi tempi e luoghi; ruoli e compiti da non confondere a piacimento. Tant’è che assistiamo ad amministratori che dicono ai preti di non fare politica e altri amministratori che dicono ai preti cosa è cristiano e cosa no. Sicuramente un po’ di confusione c’è. E altrettanto certo è che alcuni problemi esistono, sono complessi e vanno collocati e compresi, anche con la dovuta intelligenza (intus-legentia).
Anche i mezzi di comunicazione, volenti o nolenti, sono responsabili di amplificazioni indebite, oltre che solleciti narratori di quanto effettivamente accade. Ma ci sono notizie che “accadono” e altre volutamente “create” o “pro-vocate”.

La nuova amministrazione cittadina di Padova in tre mesi non ha lesinato spunti per polemiche o per scaldare un’estate meteorologicamente gelida. E la Chiesa è stata tirata per i capelli e inserita come il prezzemolo in ogni dinamica.
Crocifisso obbligatorio negli ambienti pubblici. Niente spazi pubblici per il Ramadan. No profughi a Padova. Fino all’ultima querelle su accattonaggio ed elemosina.
E noi zitti? Se per silenzio si intende l’assenza di proclami ad ogni piè sospinto, sì certo, zitti. A far rumore non si risolvono i problemi. Se per silenzio si intende nascondersi o evitare il problema: proprio no.

Azioni, costanza, continuità e priorità ai poveri sono la “parola” quotidiana di una Chiesa che cerca di portare il vangelo (buona novella) nel mondo. Quel vangelo che è storia e Parola di Gesù, talvolta difficile da applicare, talaltra abusata come asta su cui innalzare il proprio vessillo. Ma la Chiesa non è “una” voce, non è esclusivamente il vescovo (che del resto – non dimentichiamolo – di messaggi, posizioni, pensiero ne esprime e invia nella predicazione, come pure nelle lettere pastorali, nei messaggi alla città per sant’Antonio e in molte altre occasioni) o un suo delegato, non è “la” persona: è un “popolo di Dio” in cammino che ha una meta, molte strade, ma un’unica bussola: il Vangelo.

E allora ecco la Parola tanto richiesta a questa Chiesa, è Gesù stesso che ce la ricorda: «I Poveri li avrete sempre con voi…». Ed è di fronte a questa evidenza che la Chiesa agisce, si interroga, si muove e promuove. Con la fatica della complessità. Con la consapevolezza di un’impossibilità univoca. Con la certezza che oggi – più che mai – il povero ci riguarda e ci deve riguardare non solo quando è vittima della crisi, ma anche quando dà fastidio, anche quando ci insulta, anche quando arriva svuotato e sfibrato da guerre incivili sulle nostre spiagge. Nella povertà non ci sono distinzioni di serie A o B, non ci sono e non possono essere chiesti alla Chiesa, che fa del Vangelo il suo riferimento, questi distinguo. C’è invece la coscienza che aiuta nelle scelte personali (anche del fare o non fare l’elemosina a seconda di chi guardiamo negli occhi, citando papa Francesco) e c’è la legge che norma il vivere civile e la politica chiamata ad amministrare per il bene di tutti e anche a renderne conto.

Ma il povero per la Chiesa è povero sempre: lo è quando è privo del necessario per vivere e lo è quando è privato della possibilità di vivere onestamente, se vittima del racket, per esempio o del mercato della prostituzione, della tratta, delle intimidazioni mafiose, degli usurai ecc. Ancora una volta il Vangelo ci ricorda che è più “povero” il “ricco Epulone” del “mendicante Lazzaro” (Lc 16,19-31). È questo lo “scandalo” del Vangelo, la sua difficoltà, il suo fascino (altri forse amerebbero dire “sfida”). Ma è a questo scandalo che ci dobbiamo abituare come Chiesa, come cristiani e come credenti prima di tutto, uno scandalo che supera il dovere di solidarietà che è di ciascuno e a volte risulta illogico a noi stessi. In questo anche ogni comunità cristiana si trova spiazzata e chiamata a continua conversione.

Banalizzare tutto questo in un concerto assordante di parole non basta. Provare a viverlo è una strada a cui è chiamato chiunque si dichiari “cristiano”.

Sara Melchiori, direttore Ufficio Stampa della Diocesi di Padova