Ieri mattina, sabato, ha letto la notizia sui giornali e al pomeriggio ha messo in pratica la sua personale ritorsione.
La notizia: il fuoriclasse della Juventus, Paulo Dybala, visto che il contratto con la Nike era scaduto il 1° febbraio, ha oscurato lo sponsor dagli scarpini.
“E io – si è detto Luca Zerbetto, 13 anni, centrocampista dei giovanissimi della Juvenilia B.P., la società di via Tiziano Minio, all’Arcella, Padova – perché mai dovrei fare pubblicità gratuita alla Nike, visto che gli scarpini i miei genitori me li hanno anche dovuti comprare?”
Così non ci ha pensato due volte e anche lui, come il fantasista bianconero, ha oscurato il famoso “baffo” delle sue “Mercurial” ed è entrato in campo con le scarpe perfettamente nere.
A dire il vero non è entrato subito. Nell’incontro che opponeva la sua formazione all’Atletico Noventana sul campo dell’omonimo paese (per la cronaca: tennistico risultato in favore dei padroni di casa che si sono imposti con un secco 6-2) ha giocato solo una ventina di minuti, giusto però quelli che hanno consentito ai suoi compagni, in quel momento sotto per 6 a 0, di evitare il cappotto”.
“Dybala – ha detto Luca, interista, studente di terza media alla “Giotto” di via del Carmine – fa benissimo a chiedere un sacco di soldi ai suoi sponsor. E’ bravo e chi è bravo merita di essere premiato. Purtroppo (ma so che le cose vanno così) i soldi che finiscono sul suo conto corrente arrivano dagli acquisti che effettuano le nostre famiglie, magari “pressate” da noi ragazzi che ci convinciamo di una cosa che non esiste, ovvero che sia la scarpa che fa il bravo calciatore”.
Ma anche se, come dice lui, “le cose vanno così”, una proposta si è sentito comunque di doverla fare.
“I ragazzi che giocano nelle diverse “academy” o che fanno parte delle formazioni di “selezionati” – ha concluso – hanno una loro gratificazione. Ma ce ne sono tanti altri che pur amando il calcio, pur non mancando ad un allenamento, pur rimanendo qualche volta in panchina e dunque non avendo grandi aspettative, magari sono bravi a scuola. Perché i grandi marchi (non solo la Nike) non si sentono in dovere di premiarne, che ne so, un paio per scuola, fornendo loro i materiali per fare il loro sport preferito? Sarebbe un incentivo e, a conti fatti, si farebbero ulteriore pubblicità, ma con un buon fine”.
Già, perché questo non succede?
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