“Colpevolizzare i “piccoli”, che sono gli unici che ancora pagano, così ci si dimentica dei “grandi” che continuano a gabbare il fisco”.
Fabio Di Stasio ha sotto gli occhi due notizie (statistica sugli studi di settore e grandi imprese che hanno contribuito al default di Veneto Banca) e nessuna delle due lo convince.
“Quando leggo – attacca il direttore di Artigianfidi Padova, cominciando dalla statistica fiscale – che tra commercianti, piccole manifatture e servizi sottoposti agli ”studi di settore” c’è un 28% di ”irriducibili” che non rientra nei criteri di regolarità previsti dal fisco e non si adegua, leggo il tentativo, purtroppo riuscito, di gettare la croce addosso agli unici che continuano a sostenere un bilancio statale che fa acqua da tutte le parti. In realtà quel 28% rappresenta la quota di quanti non intendono sottostare al diktat “adeguati e non ti accerteremo” e sono disposti, perchè evidentemente quel reddito “matematico” non l’hanno mai realizzato, ad affrontare il contraddittorio col verificatore”.
Che l’obiettivo non sia statistico ma serva a puntare il dito contro i piccoli imprenditori, cercando di gettare benzina sul fuoco della rabbia sociale, lo si deduce anche dal fatto che gli studi di settore, proprio perchè inefficaci, sono stati aboliti e sostituiti con gli indici ISA che non sono accertativi ma di compliance.
“Perchè allora – si chiede il direttore di Artigianfidi – questo accanimento contro un ben determinato settore della nostra economia se non quello di mettere alla gogna gli unici che, nonostante tutto, magari a rate, continuano a pagare le tasse? Perchè non c’è altrettanto “accanimento” nei confronti di Amazon, Airbnb, Google, Expedia, Apple, Booking, ecc. che, con la scusa che non possiedono una stabile organizzazione in Italia ma sono “basati” in Irlanda, a Malta o in qualche Paese compiacente, pagano tasse irrisorie parificate anche ad uno 0,3% che ognuno di noi sarebbe lietissimo di pagare?”
Per Di Stasio nulla dunque è più scientifico di ciò che, a prima vista, potrebbe sembrare casuale. E qui si spinge nell’analisi della seconda notizia.
“In questi anni – sottolinea – nel nostro lavoro di cooperativa operante nel settore della garanzia al credito, abbiamo assistito alla progressiva limitazione dei fidi, in molti casi anche a rientri a tappe forzate che hanno mandato più di una piccola azienda in crisi. E non per fidi nell’ordine dei milioni di euro, ma spesso di 10, 20, 30 mila euro. Bene, adesso veniamo a scoprire che al disastro di Veneto Banca che ha azzerato i risparmi di tanti piccoli risparmiatori, hanno concorso dirigenti inetti o, peggio, in malafede, e grandi aziende affidate per milioni di euro senza che, a queste, venissero chieste quelle garanzie che invece dai piccoli vengono pretese anche per un prestito di mille euro”.
Dunque, va posta molta attenzione.
“Troppo facile -conclude Di Stasio – colpevolizzare chi si sa che, bene o male, farà fronte ai propri impegni. E troppo scoperto il gioco di chi, invece, non risponderà mai di nulla e, come nel caso delle grandi multinazionali che pagano cifre irrisorie di tasse rispetto ai volumi d’affari che sviluppano, vengono anche gratificate di accordi “ad hoc” che sono offensivi per chi, con grande fatica, cerca di tenere in piedi la propria azienda dopo che di tasse e contributi ha lasciato sul campo il 60% di quanto prodotto”.