A 5 mesi dall’entrata in vigore del famigerato DL 99, a proposito ma anche a sproposito del quale molto si è parlato, vale la pena ripercorrere, mutuando da una nota manifestazione culturale degli anni 70, i miti, i riti ed i detriti che hanno caratterizzato questa vicenda avendo, per mio conto, fin da subito anticipato il “game over” per gli azionisti.
Tra i miti vi è senz’altro quello dell’azionista truffato: figura a tratti retorica, che secondo certi orientamenti low cost, andrebbe sempre tutelato anche a prescindere dal fatto che l’azionista, in quanto tale, partecipa al rischio d’impresa
La “fredda cronaca” testimonia invece come ciò che accade sia la semplice conseguenza dell’adozione della regola europea del burden sharing ove, il costo della crisi aziendale è stato fatto ricadere sugli azionisti e sui detentori di obbligazioni subordinate delle due banche. Ben distinta è invece la figura che l’ordinamento ritiene meritevole di tutela: il socio la cui qualità si è assunta o si è mantenuta a seguito di una volontà viziata da false rappresentazioni della realtà societaria ed in specie patrimoniale fatta pubblicamente o personalmente dagli organi amministrativi, sindaci od in certi casi dal personale delle filiali.
Va poi considerato che il carattere illiquido delle azioni delle due banche imponeva di per sè una maggior cautela nell’acquisto dei titoli tanto che, in difetto,potrebbe anche essere negato ogni risarcimento in aderenza a quel concettodi “azzardo morale” che le stesse regole del burden sharing vogliono stigmatizzare.
Il rito per eccellenza, highlight dell’estate, è quello dell’ammissione al passivo della LCA la cui assoluta inutilità per l’azionista, sempre che riesca a dimostrare il proprio credito, deriva dall’incapienza della LCA stessa, come più volte ribadito sia dal Governo che da Banca d’Italia. Anche per questo ho sempre evidenziato l’iniquità strategica di un approccio “LCA-centrico” ove, in diversa prospettiva un approccio “contrattuale” è preferibile rivolgendo la richiesta di ristoro a chi poi potrà effettivamente pagarlo: è il principio della responsabilità patrimoniale che, quando il debitore è “nullatenente” (come la LCA), vuole individuati altri soggetti responsabili ed opportunamente valutate azioni alternative.
I detriti sono il rammarico di una legislazione che si è dimostrata carente consentendo le strategiche dismissioni patrimoniali fatte dagli ex vertici delle banche, considerato il difficile esperimento di un’azione revocatoria. Inoltre, nonostante la dichiarazione tecnica di “dissesto” da parte della BCE, i commissari liquidatori non hanno finora richiesto lo stato di insolvenza che, se dichiarato dal Tribunale, avrebbe reso applicabili norme fallimentari come le revocatorie e le gravi disposizioni penali in tema di fallimento e per l’effetto avrebbe reso perseguibili amministratori, direttori generali, sindaci, ecc… ampliando quindi le responsabilità e di conseguenza le garanzie patrimoniali a favore dell’azionista danneggiato.
Vanno certo valutate anche le condotte degli organi di controllo endosocietari ed esterni quali Banca d’Italia e Consob nei confronti dei quali non giovano all’immagine delle Istituzioni, nè ai risparmiatori coinvolti, i recenti surreali rimpalli di responsabilità. Tutto ciò al di fuori della disutile procedura di ammissione al passivo la cui ostinazione di molti ad intraprendere appare ingiustificata e rischia di replicare la fiaba del pifferaio magico nella quale, se ben ricordo, i topi finivano annegati.
In conclusione, a prescindere dall’essere stati facili Cassandre, oggi, passati 5 mesi, le cronache riferiscono sulla mancanza di iniziative cautelari da parte dei Commissari e sull’attuale difficoltà delle Procure. Ed anche i 100 milioni destinati da Banca Intesa ai più bisognosi (con buon marketing e già assicurato il “fondo spese” statale di 17 miliardi, ma a condizione che si rimanga clienti della banca) confermano l’inutilità dell’ammissione al passivo per gli azionisti meritevoli. Rimane certamente deluso anche chi confidava nell’ennesimo, ineluttabile e molto italico, intervento dello Stato dato che, l’emendamento Santini in finanziaria, prevede un ristoro “simbolico” di € 50.000.000 in due anni, per tutti i risparmiatori delle 4 banche in risoluzione e delle due venete che hanno subito un danno ingiusto derivante da “misselling” e riconosciuto con sentenza passata in giudicato: con l’imposizione di una procedura indefinita che sembra sempre di più escludere la LCA.
avv. Paolo E. Quaggetto
QUAGGETTO STUDIO LEGALE
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