Un banale incidente stradale ed un sistema Padova che a volta fa paura: quanto coraggio in quell’articolo

 

Fare il giornalista è una cosa semplice: si va sul posto e si racconta quello che si vede. Me lo diceva sempre “il professore” Gabriele Coltro, quando inizia qualche anno fa questo bellissimo mestiere anni fa. In alcuni anni di cronaca ho imparato però che raccontare quello che si vede non basta. Serve avere anche il coraggio di non girarsi dall’altra parte quando si intravedono cose che dispiacciono o, cosa ancor più pericolosa, potrebbero dispiacere al potente di turno. Ed è quello che ha fatto con questo articolo Roberta Polese sul Corriere del Veneto di oggi.
Non ho trovato traccia sugli altri giornali della stessa cronaca. Sarò io che sono distratto: da quando non sono più giornalista non sono più nemmeno addentro nelle dinamiche delle diverse cronache. Mi sarà sfuggito.
Non si arrabbierà con me Alessandro Russello, direttore del Corriere del Veneto, se lo riporto qui di fianco, basta cliccarci sopra per leggerlo. Io francamente ho provato paura nel leggere questa cronaca di un banale incidente che poi si incasina un po’ come l’attentato di Dallas, con uno scooter guidato per centinaia di metri da un morto e medici fuori servizio che rientrano per fare l’autopsia di un Tiveron qualsiasi. Tante coincidenze. Troppe per non pensare che quando ti capita un incidente contro l’auto di un potente, a volte morire sul colpo non basta. Ecco, a me è venuta in mente quella scena del Marchese del Grillo, che dopo aver fatto liberare il proprio servo dalla bettola dove fino a un minuto prima aveva giocato a carte con bari e ladri, si gira e dice a quelli che rimangono agli arresti a differenza sua: “Scusatemi, ma io so io, e voi non siete un cazzo”. Come sempre, Alberto Sordi, dal dottor Guido Terzilli in poi, aveva capito tutto.

Alberto Gottardo