Quando l’autore del reato è italiano, allora scattano i però: due pesi e due misure di fronte alla morte del giovane Ihab

 

Andrebbe fatto studiare nei corsi di sociologia alla voce “razzismo nell’alta padovana” la vicenda di Ihab Abou El Seoud, il cameriere 18enne morto la notte della vigilia di Pasqua perchè investito da una 19enne che non si è fermata a soccorrerlo.
La giustizia dirà se il giovane Ihab avrebbe potuto essere salvato da un intervento tempestivo dell’ambulanza. A far emergere il lato social, per nulla civile, della vicenda un approfondimento giornalisticamente impeccabile di Giusy Andreoli del Mattino di Padova che riproduciamo in parte qui a fianco.
Nell’articolo la corrispondente del Mattino racconta lo sfogo del padre della vittima e la sua reazione di fronte alla giustizia del web, sempre implacabile ed istantanea si arresta di fronte alla notizia che a investire un 18enne nato a Camposampiero da genitori nordafricani, è stata una coetanea italiana. Ed allora i cantori del “buttate via la chiave” sono spariti. E sono comparsi quelli del “bisogna vedere se aveva la pettorina e il fanale” e quelli del “non se ne può più di questi ciclisti”. Insomma, nessuna pietà per la vittima di una omissione di soccorso che forse è stata fatale a un ragazzo morto in un fosso a 18 anni. Su quella strada e sui social è morto un altro pezzo della nostra umanità collettiva. Sempre che si possa immaginare di averla avuta.

Alberto Gottardo