L’ambiente si sta progressivamente arricchendo di prodotti inquinanti, principalmente di residui chimici, della plastica e dei suoi prodotti di degradazione, ai quali l’uomo e gli animali possono essere esposti attraverso l’alimentazione, le acque e il contatto stesso. Queste sostanze definite “interferenti endocrini”, possono alterare l’equilibrio e la funzione degli ormoni interagendo o interferendo con la normale funzione ormonale e portando effetti negativi sulla salute. In alcune specie animali, che vivono in ambienti particolarmente esposti a sostanze inquinanti, come alligatori dei grandi laghi americani, orsi polari, rettili e mammiferi che vivono in aree particolarmente inquinate, è stato osservato un incremento delle anomalie del sistema endocrino riproduttivo, dalla riduzione delle dimensioni dei genitali e del potenziale riproduttivo, fino all’alterazione del comportamento sessuale. Numerose segnalazioni a livello internazionale ipotizzano che gli interferenti endocrini inducano anche nell’uomo modificazioni degli organi sessuali e riproduttivi.
Il gruppo di ricerca dell’Università di Padova, coordinato dal professor Carlo Foresta, professore di Endocrinologia dell’Università di Padova e coordinatore della Rete Endocrinologica Veneta, in collaborazione col dottor Andrea Garolla e il dottor Andrea Di Nisio, ha recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Human Reproduction, i risultati di uno studio condotto su quasi mille ventenni del Veneto, dimostrando che l’ambiente sta influenzando in modo molto importante le caratteristiche antropometriche dell’uomo. La rivista è considerata a livello mondiale punto di riferimento sui temi delle patologie della riproduzione umana ed è la più letta dagli scienziati e dai medici di settore.
Da questo studio si scopre una riduzione della produzione degli spermatozoi (-18% rispetto ai giovani di 15 anni fa) e una variazione delle strutture corporee, che sono indice di un alterato equilibrio degli ormoni testicolari. Il 36% dei giovani presenta infatti un’apertura delle braccia superiore alla media, che è indicativa di un’alterazione nelle proporzioni antropometriche, tipicamente associata al ruolo degli ormoni sessuali nello sviluppo del maschio.
Ma ecco la scoperta choc: i risultati hanno evidenziato una riduzione delle dimensioni del pene: -0.9 cm rispetto ai giovani di 15 anni fa e dei testicoli: il 23% dei giovani analizzati mostra un volume testicolare inferiore ai 12 cc, considerato come valore soglia di normalità. Non solo, per la prima volta è stata misurata la distanza ano-genitale: si tratta di un indicatore clinico che è determinato dalla impregnazione androgenica nel maschio durante lo sviluppo fetale. Pertanto, una riduzione della produzione di ormoni testicolari dell’embrione comporta una riduzione della distanza ano-genitale (nelle donne, mancando gli ormoni testicolari, la distanza ano-genitale è infatti molto ridotta) riscontrata nei giovani analizzati, che si associa ad una riduzione del numero di spermatozoi e delle caratteristiche di mascolinizzazione come l’apertura delle braccia, il volume testicolare e le dimensioni del pene.
“Tutti questi segni – spiega il Professor Foresta – depongono per una interferenza da parte dei composti chimici ambientali sulla attività degli ormoni testicolari nel maschio. Queste interferenze possono manifestarsi sia durante lo sviluppo della fase embrionale che durante la fase adolescenziale fino all’età adulta, portando quindi a possibili conseguenze negative sul potenziale di fertilità dei giovani uomini”.