L’Appe mette in guardia da generalizzazioni sul “caro turista”

 

Dall’Appe, associazione dei pubblici esercizi di Padova riceviamo e pubblichiamo una nota in merito agli episodi dei “soliti furbi” che gonfiano i prezzi per i turisti nel periodo delle ferie.
«Non sono sufficienti due episodi, capitati di recente a Roma e a Milano, amplificati dalla stampa, per gettare discredito su un’intera categoria» sbotta Angelo Luni, Segretario dell’Associazione Provinciale Pubblici Esercizi (APPE) di Padova.
La notizia, che riguarda i prezzi salati pagati al ristorante da parte di alcuni turisti, ha provocato vari interventi di personaggi pubblici e comuni cittadini, che hanno gridato allo scandalo.
Nel frattempo, è stato pubblicato il dato statistico che proprio i ristoratori denunciano, in media, redditi “da pensionati”.
L’APPE non ci sta che gli esercenti, proprio nel periodo di massima affluenza turistica, siano entrati nuovamente nell’occhio del ciclone, additati come grandi evasori, attirandosi tutte le colpe, senza che vengano affrontati gli argomenti di come i consumatori si dovrebbero comportare per evitare amare sorprese, tanto al ristorante, quanto in tutte le altre attività commerciali.
La recente legge regionale del Veneto n. 29/2007, che disciplina i pubblici esercizi, prevede delle regole chiare, a tutela sia del consumatore che degli esercenti. Analoghe disposizioni riguardano anche il commercio, con il decreto legislativo n. 114/1998.
È obbligatoria, infatti, la “pubblicità dei prezzi”, vale a dire che «gli esercenti l’attività di somministrazione di alimenti e bevande devono esporre il prezzo delle consumazioni, con l’indicazione del servizio offerto al banco o al tavolo, in modo chiaro, ben leggibile e visibile al pubblico, anche dall’esterno durante l’orario di apertura, mediante l’utilizzo del listino prezzi o del menù con l’elenco delle pietanze».
In questo modo, nel Veneto tutti i consumatori, prima di entrare al bar o al ristorante o in pizzeria, oppure al pub, possono consultare il listino prezzi o il menù, che deve essere esposto e visibile all’esterno dell’esercizio. Non ci possono essere sorprese, a meno che il cliente chieda del vino particolare in bottiglia, senza consultare prima la lista dei vini.
I prezzi riferiti sia al servizio fatto in piedi, al banco, sia a quello ai tavoli, devono essere scritti in euro e quindi la maggior parte dei turisti europei viene salvaguardata: non deve neppure fare i conteggi di cambio, che invece servono agli americani, giapponesi, inglesi e svizzeri.
Se l’esercente non ha esposto il listino (o il menù), rischia una pesante sanzione: il cliente può chiamare le forze dell’ordine, oppure, intuendo comportamenti poco trasparenti, cambia locale. Lo stesso vale anche per le altre attività commerciali, sia riferite agli alimentari che alla vendita di altri beni.
Taluni ristoratori, anche se preferiscono esporre a voce il menù “parlato”, devono comunque consegnare anche quello cartaceo, per cui i clienti hanno modo di conoscere in anticipo il prezzo dei piatti.
Riguardo, poi, al reddito denunciato dagli esercizi pubblici, il raffronto con quello dei pensionati è fuori luogo, dal momento che le pensioni hanno tutte dei minimi fissi. Il reddito delle attività imprenditoriali, invece, deriva da un bilancio, dove sono indicati i ricavi e i costi. Questi dati vengono comparati con gli Studi di settore, il redditometro e sono soggetti all’accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
Gli imprenditori non hanno alcuna garanzia di un reddito sicuro, soprattutto nei periodi di crisi, ma devono fare i conti con quello che si chiama il “rischio imprenditoriale” che per mille ragioni porta anche ai bilanci in rosso e ai fallimenti aziendali, di cui la stampa in questo periodo ha modo di dare ampio risalto.
La conduzione di un esercizio pubblico è un’attività molto impegnativa, dal punto di vista economico e personale; incidono costi elevati come l’affitto, quelli per il personale, per le materie prime, per i plateatici, per l’asporto rifiuti e per le altre utenze, tanto per ricordare i principali.
Che gli esercizi della ristorazione, ma anche i bar, non se la passino tanto bene è dimostrato dal fatto che oltre il 50% dei locali è in vendita e che tante attività cambiano gestione a distanza di pochi mesi. Infatti, non basta essere dei bravi baristi o ristoratori, sempre sorridenti, pronti all’accoglienza e al servizio di ospitalità, bisogna avere basi economiche solide ed essere bravi imprenditori per far quadrare i bilanci, prendere iniziative promozionali e soprattutto ottenere il giusto guadagno, necessario per mantenere l’azienda e quanti vi lavorano.
L’attività dell’esercente pubblico esercizio è facile da criticare, perché si svolge in locali “a vista”, con un rapporto diretto con il pubblico, sotto gli occhi di tutti. Basta essere un po’ adombrati, avere qualche preoccupazione, oppure può capitare di servire un prodotto non perfetto, per risultare poco accoglienti, inadeguati e, quindi essere classificati come approfittatori.
L’APPE, anche di recente, ha ricordato ai propri associati le regole sulla pubblicità dei prezzi, sull’obbligo della loro osservanza, avvertendo che ogni violazione in materia è punita con sanzioni amministrative, che possono portare anche alla chiusura dell’esercizio.
Attraverso queste righe, la stessa Associazione invita i cittadini, i consumatori e i turisti a essere più accorti e a leggere con attenzione i listini esposti all’esterno degli esercizi, prima di entrare per la desiderata consumazione ristoratrice.