Un parco come chiede Legambiente, con coworking e le immancabili sedi per le associazioni, o un parcheggio da 300 posti auto che porterebbe nelle casse del Comune almeno un milione e mezzo di euro l’anno? E’ questo il bivio di fronte cui si trova l’amministrazione comunale che questa mattina ha dovuto sorbirsi gli strali degli ambientalisti che contribuirono non poco all’affermazione della coalizione arancione e ora chiedono, legittimamente, di pesare politicamente sul disegno dell’area tra via Orsini e corso Milano.
Per il momento il Comune, coerentemente con i progetti nel cassetto da anni, ha aperto fino al 7 gennaio un parcheggio da 300 posti auto. Poi l’area tornerà al demanio dello Stato in attesa della definizione dello scambio Prandina/area di via Anelli.
Se su quell’area si realizzerà un parco, la casa delle associazioni e magari anche un coworking, la parte verde della coalizione arancione avrà portato a casa il suo scalpo: niente auto nell’area che servirebbe, oltre a dare ossigeno al commercio della zona, anche a svuotare e riconsegnare alla città piazza Insurrezione. Forse pensava a questo Arturo Lorenzoni mentre a capo chino ascoltava, pensieroso e corrucciato, le parole del vice presidente di Legambiente.
Quei 300 posti auto alla tariffa di due euro l’ora, varrebbero per qualsiasi concessionario almeno un milione e mezzo l’auto, forse di più se si riuscisse ad aprire un varco ad est, diretto verso l’area di piazza Capitaniato passando attraverso le palazzine attualmente occupate dall’Esercito.
Seguire l’ipotesi di Legambiente costerebbe 300 posti auto in meno, piazza Insurrezione piena di auto fino a data da destinarsi e un milione e mezzo in meno di introiti per il Comune. Ecco, questo va detto con chiarezza alla cittadinanza. Il vice sindaco ha spiegato invece che “ci sarà un percorso partecipativo, che faremo assieme ad Agenda 21”. Strano, ero convinto che su temi del genere decidessero organi con un minimo di rappresentatività democratica in più, tipo appunto il Consiglio comunale. Ma evidentemente c’è un debito elettorale da pagare, che oltre dal vice sindaco Lorenzoni, rischia di essere pagato anche e soprattutto dalla città di Padova.
Alberto Gottardo