Maxi operazione della guardia di finanza di Padova. Un miliardo di euro di evasione

 

Operavano su tutta l’Unione Europea, da Padova alla Germania, dalla Grecia all’Austria, le due associazioni a delinquere internazionali che, in meno di 5 anni, hanno frodato lo Stato italiano per un valore vicinissimo al miliardo di Euro.
Erano riusciti a creare e gestire veri e propri “castelli” di società, formalmente amministrate da un poveri anziani trovatisi a vestire i panni del “capitano d’industria” senza alcuna competenza tecnica e consapevolezza degli atti di gestione che venivano loro fatti firmare, piene solo di stanze deserte, con un fax, una scrivania, una sedia ed un’impiegata, solitamente estranea alla frode, con il compito di “stampare” fatture dagli importi inverosimili 1, 2, 3, addirittura 4 milioni di Euro. Cartaccia posta a testimonianza di scambi commerciali mai avvenuti, di camion “fantasma” carichi di telefoni cellulari che partono da Padova, girano mezza Europa caricando e scaricando la stessa merce inesistente, per poi comparire, dopo al massimo due giorni, nuovamente nella città del Santo.

Qual è la ragione di tutto ciò? La risposta è semplice: evadere le tasse, in particolare quell’”antipaticissima” IVA che grava sulle transazioni commerciali, in modo da poter sia “risparmiare” sul pagamento delle tasse, sia sottrarre importanti “fette di mercato” ai concorrenti onesti, potendo offrire lo stesso prodotto, a parità di guadagno, ad un prezzo altamente concorrenziale (fino al 20% in meno).

Le due concomitanti operazioni di polizia giudiziaria e tributaria “GHOST COMPANIES” e “BIG SCREEN” hanno portato alla luce immense fortune sottratte al Fisco e grazie alle indagini svolte è stato possibile disarticolare due “filiere” societarie costituite con il solo scopo di evadere le imposte. In particolare è stato possibile:

far emergere ricavi non dichiarati per circa 370 milioni di Euro,
recuperare a tassazione costi non deducibili per oltre 437 milioni di Euro,
contestare un’evasione all’IVA per oltre 280 milioni di Euro.

Undici gli italiani denunciati, a vario titolo, all’Autorità Giudiziaria patavina per associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale. Rischiano, a vario titolo, fino a 7 anni di reclusione.

Caratteristica comune alle due operazioni è stata la disarticolazione di sodalizi criminali che, utilizzando sofisticate tecniche di “finanza creativa”, hanno consentito ai “colletti bianchi”, ideatori della frode, ingenti guadagni a danno delle casse dello Stato e degli onesti operatori commerciali del settore.

La metodologia fraudolenta utilizzata, quella della costituzione di vere e proprie galassie di imprese, molte delle quali “vere” e proprie società “fantasma” (cc.dd. “cartiere”), soggetti economici destinati, per sfuggire ai controlli, ad operare per brevi periodi (un paio d’anni al massimo, per poi venir messe in liquidazione o trasferite all’estero, lasciate quindi “morire” senza assolvere ad alcun debito con il Fisco) e ad accumulare smisurati debiti nei confronti dell’Erario (con la finalità esclusiva di non venir mai onorati), ha avuto come scopo principale quello di far assumere le responsabilità amministrative e penali derivanti dalla gestione delle stesse a “teste di legno”. Questi ultimi sono stati appositamente individuati dall’organizzazione criminale tra soggetti emarginati, extracomunitari nullatenenti o, il più delle volte, ottuagenari che si sono prestati a fungere da “prestanomi” per “arrotondare”, con poche centinaia di Euro, la loro “magra” pensione, lasciando invece ai veri “architetti” dell’associazione il “solo” godimento di tutti gli ingenti proventi del reato.

Nel dettaglio, sono state ricostruiti quattro sistemi di frode:

quello della “classica” frode carosello, attuata mediante l’interposizione fittizia tra l’operatore comunitario ed il reale acquirente di numerosi soggetti passivi IVA italiani, il primo dei quali (la c.d. “cartiera”) non versava l’imposta all’Erario;
l’introduzione dei beni nei depositi IVA seguita, in un brevissimo lasso di tempo, da ripetute cessioni dei medesimi beni ad operatori economici senza applicazione dell’IVA, l’ultimo dei quali provvede alla loro estrazione, omettendo di onorare la relativa imposta all’Erario;
il rilascio di false dichiarazioni d’intento da parte della prima società della “filiera”, determinando un ingente debito IVA in capo alla stessa che, in quanto “cartiera”, sistematicamente non la versa nelle casse dello Stato, consentendo ai successivi cessionari del “circuito fraudolento” di detrarre l’imposta relativa alle fatture ricevute per la cessione della medesima merce;
l’emissione di fatture a fronte di operazioni commerciali mai avvenute, spesso addirittura compilate a nome di ignari soggetti economici, indicando, quali destinatarie delle merci oggetto della compravendita “fantasma”, società coinvolte nella frode come “cartiere” che immediatamente “ribaltavano” il costo e l’IVA alle altre imprese coinvolte nella “filiera”.

La prima operazione ha visto coinvolte 8 società, operanti tra Veneto e Lombardia, nel settore della produzione e commercializzazione di confezioni in plastica per supporti digitali audiovisivi.  

Anche in questo caso gli ideatori della frode fiscale avevano architettato, con il fine esclusivo di evadere il Fisco, un complesso sistema di scambi commerciali tra società tedesche ed italiane, di cui 6 “fantasma” intestate a prestanomi napoletani, garvati dai più disparati precedenti penali quali, oltre a quelli specifici nel settore tributario, il bagarinaggio e la pirateria audiovisiva. Tali “cartiere”, per consentire il “regolare” funzionamento della frode, venivano addirittura accreditate, presso gli operatori comunitari, dai rappresentanti legali delle società beneficiarie dell’illecito meccanismo, garantendone sia la solvibilità che la regolarità delle operazioni commerciali poste in essere con le stesse.

Tutto ciò è stato reso possibile grazie alla creazione di una vera e propria associazione a delinquere tra imprenditori Veneti e Lombardi e “faccendieri” napoletani, vicini ad ambienti malavitosi di stampo camorristico.

In particolare, tale sodalizio criminale consentiva ad alcuni industriali del Nord Italia di acquisire materie prime ad un prezzo inferiore a quello di mercato, mediante l’utilizzo delle fatture soggettivamente inesistenti provenienti dalle società “cartiere” napoletane, che si frapponevano al fornitore comunitario, non coinvolto nella frode, onde poter imputare a sé l’ingente debito IVA, che non veniva mai onorato con l’Erario, a danno dello stesso e della concorrenza, rispettosa della legalità.

I “faccendieri” napoletani, venivano ricambiati per le loro “prestazioni” sia con dazioni di denaro (operate mediante un “conto d’appoggio” specificamente acceso presso un Istituto di credito di Napoli), sia con partite di CD vergini, completi delle relative custodie, da utilizzare nel noto, illegale mercato della pirateria audiovisiva partenopeo.

La seconda operazione, più complessa, che ha visto coinvolte decine di soggetti economici esteri e nazionali (fra cui 5 padovani), operanti nel settore dell’alta tecnologia telefonica mobile e video hi-tech, è stata portata proficuamente a conclusione grazie anche all’ingente ricorso agli strumenti di cooperazione internazionale.

Infatti, numerosissime sono state le richieste di assistenza avanzate dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Padova alle polizie e delle amministrazioni finanziarie di Austria, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Grecia ed Ungheria, che hanno permesso di dimostrare l’assoluta inesistenza delle società estere, funzionali nel sistema fraudolento a generare operazioni commerciali con le “cartiere” italiane, aventi lo scopo principale di attribuire, a queste ultime, l’intero debito fiscale derivante dagli scambi.

Quest’ultima operazione va inquadrata nell’ambito di una più ampia attività d’indagine condotta congiuntamente al Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia, coordinati all’interno di un Gruppo di Lavoro integrato, che ha consentito, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Padova, nella persona del Sostituto Procuratore dott. Paolo LUCA, titolare del procedimento penale, di ricostruire, anche mediante il ricorso ad indagini tecniche, accertamenti bancari, perquisizioni e rogatorie internazionali, l’attività di ben 6 “filiere” fraudolente, utilizzate nel tempo dal sodalizio criminoso per l’attuazione delle frodi, che ha portato alla denuncia per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale di 37 soggetti ed all’emissione da parte del G.i.p. di Padova di:

7 ordinanze di custodia cautelare in carcere,
4 ordinanze per l’applicazione degli arresti domiciliari.

Dall’esecuzione delle richieste di assistenza giudiziaria avanzate in Germania, Austria, Inghilterra e Grecia, in particolare è emerso che l’Autorità Giudiziaria tedesca stava conducendo un’importante indagine nei confronti di uno degli indagati. La successiva attività di raccordo dei procedimenti penali in corso ha consentito di acquisire prove sulla concreta partecipazione al sodalizio criminoso anche del rappresentante legale di due società estere, nei cui conti correnti potrebbe essere confluita parte dei milioni di Euro sottratti al Fisco italiano.