Un tracollo. Negli ultimi cinque anni il totale degli impieghi destinati a imprese e famiglie padovane dalle banche al territorio è sceso di circa un miliardo l’anno: dai 27 miliardi di fine 2015 si è scesi sino ai 22,9 registrati al 31 dicembre 2019. Soltanto nell’ultimo anno sono 900 milioni in meno, rispetto ai 23,8 del 2018. Una tendenza irreversibile, in linea con quella riscontrata nello stesso arco di tempo in Veneto, dove si è scesi da 140,2 miliardi di impieghi del 2015 ai 118,9 del 2019 (erano 121,9 dodici mesi prima). Ma i dati acquistano una dimensione ancora più sconfortante se si considera l’andamento del tutto opposto dei depositi negli istituti di credito, che continuano ad aumentare: dai 20,6 miliardi del 2015 si è saliti anno dopo anno sino ai 25,1 di oggi (1,2 miliardi in più rispetto ai 23,9 del 2018). Idem in Veneto: dai 105,2 miliardi del 2015 si passa ai 129,7 attuali (erano 122,6 dodici mesi prima).
Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha preso in esame le cifre messe a disposizione dalla Banca d’Italia e da Unioncamere alla luce di quanto si sta verificando in seguito all’insorgere dell’emergenza Coronavirus, radiografando un’inclinazione che rischia di accentuarsi ancora di più nei prossimi mesi. Secondo quanto riferisce la Banca Centrale Europea, infatti, i risparmiatori italiani stanno depositando molti più soldi sui propri conti, in linea con quanto sta accadendo negli altri stati dell’UE. In particolare, a marzo 2020 gli italiani hanno depositato 16,8 miliardi di euro negli istituti di credito, con un aumento del 254% rispetto ai 6,6 miliardi nel marzo 2019 e con un incremento del 346% rispetto alla media mensile nazionale dell’anno precedente (circa 4,85 miliardi di euro). Un fenomeno che non riguarda solo il Belpaese. In Francia nello stesso mese di marzo sono stati depositati oltre 19 miliardi di euro, in Spagna circa 10 miliardi.
Ma come leggere questi numeri? «Limitarsi a parlare di risorse che potevano essere messe in circolo, liquidità che poteva essere destinata alle aziende e che, all’opposto, è rimasta ferma, è riduttivo e non coglie la vera natura della questione», afferma il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio. «Perché il problema non è il credito che si riduce, ma la fiducia degli imprenditori che ormai viene a mancare. Nonostante sia emerso dalla nostra recente indagine congiunturale che la maggior parte delle piccole e medie imprese padovane del settore manifatturiero non si faranno scoraggiare e non annulleranno gli investimenti previsti, resta il fatto che sono tanti gli imprenditori hanno smesso di chiedere prestiti alle banche perché investono sempre meno. Ed è particolarmente grave che accada oggi, in un momento in cui investire consentirebbe all’Italia di rimanere agganciata a quei settori di sviluppo da cui è tagliata fuori, dall’aerospazio alla logistica 4.0, allo sviluppo digitale». Ma perché non c’è più fiducia negli imprenditori? «Perché il contesto è sfavorevole agli investimenti, a causa delle politiche di cortissimo respiro di chi ci governa, e non ci riferiamo solo all’esecutivo oggi in carica. La risposta politica è tutta orientata su altre dinamiche e oggi lo si nota in maniera evidente con la distribuzione di risorse a pioggia a cui stiamo assistendo, un assistenzialismo che certo non crea ricchezza né incentiva gli investimenti. Il tutto senza considerare il quadro normativo iperburocraticizzato che scoraggia gli imprenditori, come è stato confermato anche dalla nostra indagine congiunturale. Le persone hanno poca fiducia nel futuro ed ecco che la loro risposta è quella di rifugiarsi nei depositi bancari, avvertiti come un porto sicuro e, non a caso, in continuo aumento. Inevitabile, poi, che una crisi come quella innescata dalla pandemia acuisse la portata di un fenomeno che non riguarda soltanto la nostra nazione».
«Altro elemento da considerare: il forte aumento dei risparmi in Europa potrebbe ostacolare la possibilità di una ripresa economica trainata dal consumo», aggiunge il direttore di Confapi Padova Davide D’Onofrio. «Ma il punto che più ci preme è un altro e riguarda la situazione italiana: per poter raccogliere occorre prima aver seminato. E invece anche i contributi “residuali”, che pure potevano incentivare gli investimenti, sono stati fortemente ridimensionati, se non azzerati per destinare altrove le risorse a disposizione. Lo abbiamo già sottolineato riguardo alla riprogrammazione del FESR, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, e in maniera ancora più emblematica con la cancellazione del Bando Isi Inail decisa dal Decreto Rilancio, per dirottare quei soldi su Invitalia. Superare il momento di difficoltà recuperando competitività e vigore sui mercati internazionali richiede investimenti continui e, soprattutto, coraggiosi. Le politiche di breve periodo del Governo, prevalentemente incentrate sul sostegno alla spesa corrente, configurano un deterrente. Si consolida un disallineamento di strategie: tra una politica che immette nel sistema denaro improduttivo indebitandosi e le imprese che, trascurate nei loro fabbisogni, ridimensionano la propria propensione al rischio. È un cortocircuito: senza comunione di intenti, laNazione arretra».
Nella prima tabella l’andamento di prestiti e depositi negli ultimi anni a Padova