E’ possibile riprodurre una sindone in laboratorio. Lo afferma Luigi Garlaschelli, chimico presso l’Università di Pavia, che oggi al convegno del Cicap in corso ad Abano Terme (Padova) ha presentato la sua ricerca che gli ha consentito di riprodurre una copia della Sindone in laboratorio.
La Sindone è comparsa nel 1355 in Francia. Il Vescovo nella cui diocesi la Sindone apparve la ritenne un falso proibendone l’ostentazione e una bolla di Papa Clemente VII la qualifica come un’immagine. Un documento di quel periodo sostiene peraltro che il Vescovo aveva scoperto l’artista autore del telo, il quale aveva lavorato con un metodo particolarmente ingegnoso.
La datazione al radicarbonio eseguita nel 1988 ha consentito di confermare che il telo fu prodotto proprio in quel periodo.
“Il mio interesse per la Sindone – ha spiegato Garlaschelli – rientra nell’ambito degli studi che conduco da 20 anni su argomenti misteriosi. C’è infatti chi dice che l’immagine non possa essere fatta da mano umana e che non si riesce a spiegare da cosa è stata generata l’immagine”.
Nel tempo sono state avanzate diverse ipotesi interessanti per spiegare le caratteristiche del telo: l’immagine appare superficiale, non contiene pigmenti, ma è data dall’ingiallimento superficiale dei fili e il negativo è molto realistico.
Nel 1982 Vittorio Pesce Delfino, professore all’Università di Bari, ha ottenuto un’immagine molto simile del volto che compare sulla Sindone utilizzando un bassorilievo scaldato e posto sul lino. Il problema è che il metodo utilizzato, se applicato all’intero corpo, si rivela molto complesso e non ci sono testimonianze di utilizzo di quel metodo in quel periodo per altri manufatti.
Un’altra ipotesi è stata avanzata da Joe Nickel alcuni anni dopo. Egli ritiene che il telo sia stato ottenuto utilizzando un colorante naturale, l’ocra, sfregato sul telo. Il problema è che la Sindone ora appare del tutto priva di pigmenti.
“La mia ricerca – ha spiegato Garlaschelli – parte da quelle due ipotesi e cerca di superare i problemi che rimanevano aperti. L’immagine che ho ottenuto del corpo è infatti dovuta allo sfregamento dell’ocra con un tampone su un telo appoggiato su una persona distesa. Per quanto riguarda il volto, ho invece proceduto utilizzando un bassorilievo e poi ho aggiunto a mano i segni della flagellatura e le striature di sangue che si vedono sulla Sindone. Successivamente ho invecchiato il telo mettendolo in forno per far staccare il pigmento e per simulare l’invecchiamento naturale del telo che è avvenuto nei 700 anni passati dalla creazione della Sindone. L’invecchiamento artificiale è simile ma non può essere identico da un punto di vista chimico a quello naturale, per cui l’immagine superficiale appare del tutto simile a quella della Sindone, ma chiaramente le caratteristiche chimiche fini del telo non possono essere le stesse anche se sono sufficientemente simili da essere accettabili”.
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