In quarantena se la sono cavata benissimo i ragazzi della residenza protetta creata dalla cooperativa Down Dadi. Ecco il racconto dell’avventura capitata a Casa Petrarca. Riceviamo e pubblichiamo questo racconto:
“Casa Petrarca è un appartamento di Padova dove, da un anno e mezzo, vivono insieme 5 donne.
Cinque amiche dai 27 ai 37 anni: Silvia Z., Silvia G., Giulia D., Giulia P. e Martina.
Il 5 novembre una delle ragazze è risultata positiva al Covid-19, e ovviamente si è allontanata dalle altre, trasferendosi a casa dei genitori. Come da prassi anche le altre 4 coinquiline hanno fatto il test e, nonostante il risultato negativo, sono rimaste in isolamento per 10 gg.
Nulla di eccezionale, se non fosse che queste 5 giovani donne hanno tutte la sindrome di Down.
La loro convivenza è la conclusione di un ambizioso progetto di autonomia abitativa della Cooperativa Vite Vere Down Dadi di Padova, che da quasi 40 anni lavora con e per le persone con disabilità intellettiva del territorio.
Le 4 amiche si sono quindi ritrovate improvvisamente senza una delle loro coinquiline e soprattutto senza poter più contare sulla presenza fisica di un operatore di supporto (che saltuariamente si reca a controllare se nell’appartamento tutto procede bene). Che fare quindi? Rimboccarsi le maniche!
Già abitualmente le ragazze gestiscono in autonomia la loro quotidianità tra faccende domestiche, vita sociale, impegni di sport e di lavoro (eh sì, lavorano tutte!) ma si sono ritrovate anche a rispettare scrupolosamente prassi di sanificazione e videochiamate con psicologhe e famiglia che volevano accertarsi che stessero bene.
“Il primo giorno è stato duro per tutti, un bel colpo anche per noi operatori” ricorda la dott.ssa Micol Pelliccia, psicologa che supporta le ragazze nella gestione della sfera emotiva/affettiva nelle dinamiche di gruppo della convivenza “non avevamo idea di come avrebbero potuto reagire. La prima cosa che mi è venuta in mente è stata quella di andare sotto al loro balcone, salutarle e chiedere se avessero voglia di qualche “coccola” così ho preparato subito cachi, castagne e melograni per addolcire il loro isolamento. Sono state bravissime, hanno superato ogni nostra aspettativa”.
Le 4 donne hanno sfruttato la tecnologia non solo per restare in contatto con la loro coinquilina positiva e con le proprie famiglie, ma hanno usufruito anche del servizio di spesa online per l’acquisto di generi alimentari e gestito con grande indipendenza le loro giornate.
Si sono organizzate suddividendosi le faccende domestiche in maniera completamente autonoma: chi cucinava, chi puliva…e chi dedicava tempo a se stessa pedalando sulla cyclette.
Non sono mancati momenti difficili ma quando una delle donne aveva un crollo, le competenze delle altre le servivano a rialzarsi e ripartire.
La sindrome di Down è caratterizzata anche da una certa rigidità mentale e difficoltà ad accettare imprevisti e cambiamenti, e se queste 4 donne sono riuscite ad affrontare in maniera eccellente questa grande sfida, arrivando a concludere il periodo di isolamento con un grande sorriso stampato sul volto, il merito va tutto ai percorsi di autonomia della Cooperativa Vite Vere Down DADI.
“Il progetto di autonomia abitativa ha due principali finalità: rendere la persona con disabilità il più possibile autonoma nell’affrontare una vita attiva nel tessuto sociale ed offrirle la possibilità di mettersi alla prova nella gestione della vita quotidiana.” spiega la dottoressa Jehona Sehu, psicologa coordinatrice dei progetti di autonomia abitativa della Cooperativa “L’obiettivo è lo sganciamento dalla famiglia, per una vita in prospettiva il più indipendente possibile. Questo cammino non desidera solo stimolare le persone con disabilità a “fare da sole”, ma intende anche porle nella condizione di imparare a capire e soddisfare i propri bisogni, desideri e sogni, a prendere decisioni giuste e indipendenti per il proprio bene e per quello altrui. Prova tangibile è stata la scelta volontaria delle 4 donne nel voler affrontare l’isolamento da sole, dimostrando grande senso di responsabilità nei confronti della famiglia: non sono volute tornare a casa per tutelare e proteggere i propri familiari”.
I 10 giorni di isolamento sono così trascorsi tra impegni online, chiacchierate, momenti di noia e anche un po’ di nostalgia. Ma siccome tutto è bene quel che finisce bene, alla fine il quintetto di Casa Petrarca si è finalmente riunito, e le 5 amiche sono pronte a continuare con una marcia in più le loro Vite Vere.
“La cosa più interessante è stata la piena consapevolezza e responsabilità dimostrata in questa situazione critica dalle nostre quattro giovani donne” conclude la dottoressa Sehu “Hanno dato prova di grande maturità e spirito di adattamento: dovevano farcela da sole e ce l’hanno fatta. Un segnale potente per noi che abbiamo quotidianamente contatto con persone con disabilità intellettiva”.