Degenerazione delle bioprotesi valvolari cardiache: uno studio made in Padova validato al top della ricerca internazionale

 

Una ricerca italiana, made in Padova,  ha sviluppato una tecnologia che, stando ai dati, è in grado di impedire la prematura degenerazione dei sostituti valvolari cardiaci.
Una vera e propria rivoluzione per la cardiochirurgia e la cardiologia interventistica, un comparto in cui si utilizzano valvole cardiache costruite con materiali di origine animale su cui, da anni, si lavora per cercare di aumentarne durata ed efficienza.
Lo studio, pubblicato dalla prestigiosa rivista dell’Associazione Europea di Chirurgia Cardiotoracica (EACTS) è firmato da BCI-  Biocompatibility Innovation – un’ azienda italiana che da un decennio si occupa di trovare soluzioni d’avanguardia in ambito dei dispositivi medici biologici.

Gli autori hanno dimostrato che “La tecnologia a base di polifenoli sviluppata in BCI si è rivelata strategicamente vincente ed in grado di agire contemporaneamente su diversi fattori legati alla prematura degenerazione delle bioprotesi”.

La validazione dei dati pubblicati su EJCTS apre ora nuovi scenari per il trattamento dei tessuti animali con i polifenoli, molecole di origine vegetale. La tecnologia ha dimostrato di inibire gli effetti tossici degli attuali trattamenti chimici standard, apportando, al contempo, un sorprendente effetto anticalcifico. Migliorano infine le caratteristiche biomeccaniche del tessuto animale (principalmente pericardio bovino) garantendo il corretto profilo idrodinamico della bioprotesi valvolare cardiaca.

Tutto ciò, in aggiunta a dati già pubblicati nel recente passato su altre riviste scientifiche in cui si è dimostrato che la tecnologia è in grado di evitare fenomeni di infezioni batteriche a carico della valvola impiantata.

In sostanza, trattando il tessuto di origine animale con questa “ricetta”, si ottiene un miglioramento delle performance della protesi e si allungano i tempi della legati alla sua funzionalità, soprattutto in soggetti giovani tra 40 e 60 in cui la durata di una bioprotesi è limitata a meno di 10 anni.

Alla ricerca internazionale hanno preso parte cardiochirurghi ed esperti nel campo delle biotecnologie.

“La pubblicazione conferma la bontà dello sviluppo e della sperimentazione portata avanti fino a questo momento – affermano i ricercatori padovani Alessandro Gandaglia e Filippo Naso di BCI – l’applicazione della tecnologia garantirebbe sicuramente dei benefici dal punto di vista medico ma anche in termini di risparmio dei costi socio-sanitari”.