Da Ivo Rossi riceviamo e pubblichiamo:
Una città viva e consapevole del valore fondante delle sue radici ha il dovere di coltivare la memoria della sua storia, ma allo stesso tempo ha la necessità di rielaborare e attualizzare le scommesse che le lezioni del passato ci pongono. E’ questa la sfida che l’amministrazione comunale, consapevole della frattura irrisolta che ha isolato l’ex Foro Boario dal Prato della Valle, ha cercato di affrontare affidando l’inquadramento generale dell’area, ed in particolare di tutta la vasta superficie che rimane “nascosta” dietro alla quinta novecentesca, ad un grande architetto.
E’ grazie alla genialità di Andrea Memmo, se la valle acquitrinosa è stata “riempita” con un segno che ha dato forma e senso al “vuoto”. A guidare la sua mano illuminata (anche se non mancarono le contestazioni nemmeno allora) contribuirono probabilmente la consapevolezza che la città avesse bisogno di ripensare al proprio futuro, l’ambiziosa intuizione di dover dare vita ad un nuovo polo per gli scambi con la campagna, la necessità di dare forma ad un luogo immaginato come cuore pulsante delle fiere e dei commerci.
Da allora il Prato della Valle è diventato uno dei centri vitali della comunità cittadina e uno straordinario scenario per chi visita Padova per la prima volta.
Arrivando in macchina, in tram, o ancora meglio a piedi, dalle strade che vi confluiscono come fiumi che portano acqua ad un grande lago, si apre agli occhi e al cuore una piazza immensa per dimensioni e per bellezza, con al centro l’isola Memmia che tantissimi padovani e altrettanti turisti attraversano lentamente, meravigliati da un’atmosfera di calma che stimola la riflessione, piuttosto insolita nel centro di una città attiva e dinamica qual è Padova.
La presenza dei diversi mercati la rende inoltre un luogo vivace, pienamente recuperato alla comunità dopo gli ormai passati anni di degrado che avevano privato i padovani della straordinaria possibilità di vivere e frequentare il Prato.
Ma l’indiscutibile fascino del Prato della Valle non poteva lasciare inespresso un disegno che riguardasse l’area stretta fra via Carducci e via 58° Fanteria che si protende verso le mura, rischiando magari di intervenire in modo casuale, senza un disegno unitario, come taluni suggerivano. L’incarico al prof. Crotti, con il suo inquadramento generale dell’intero sistema, ha il pregio di aver definito le linee guida degli interventi che, è utile ricordarlo, possono essere sempre e solo di iniziativa pubblica. Si tratta di un idea suscettibile di aggiustamenti, ma che ha il pregio di aver dato respiro a quello che via via è diventato quasi un non luogo, un retrobottega caratterizzato da un parcheggio di auto e autobus che lo occupano in modo incoerente da ormai più di trent’anni. Con il restauro e la rivisitazione della quinta novecentesca (sarà la soprintendenza a dire quale sarà la soluzione più equilibrata), si creeranno le condizioni preliminari per realizzare quegli spazi e favorire quelle funzioni indispensabili per poter godere lo spettacolo del Prato anche dal suo fronte sud.
Il progetto Crotti, rispettoso dei luoghi e delle funzioni, prosegue dunque quella tradizione che ci ha insegnato a far convivere passato e presente, a scommettere sul futuro senza violentare la storia, a dare fiducia e credito all’architettura contemporanea intervenuta in tante capitali europee con maestria e delicatezza, dimostrando la capacità di tenere insieme antico e moderno.
E’ questo, del resto, lo spirito con cui chi ci ha preceduto ha immaginato, disegnato e realizzato la città nella quale viviamo. In ogni epoca c’è stato un confronto tra conservazione dell’esistente e spirito della contemporaneità: il risultato è una città (ad eccezione di episodi, e delle periferie del secondo dopoguerra) di cui tutti andiamo fieri.
Una città senza memoria del passato e senza passione per il futuro è una città che non coltiva la speranza. Penso che in modo assolutamente rispettoso, dialogando con tutti coloro che sono animati dal pensare positivo e dall’amore per la nostra città, si debba scommettere sulla capacità di rinnovare antiche sfide, assumendosi la responsabilità di scelte che riscattino finalmente l’area dallo stato penoso in cui versa.
Ivo Rossi
vicesindaco di Padova