Imprenditori suicidi: che riposino in pace, sempre che la cronaca (e la politica) non esiga il “bis”

 

Ho appena scritto per l’Ansa la sfortunata conclusione della vita di una persona fragile, che da anni cercava di tenersi in equilibrio sopra un baratro: quello della depressione. Normalmente non si scrive in Ansa di un semplice morto per mano della malattia che lo ha svuotato di ogni voglia di vivere. Quest’uomo è stato trovato morto oggi pomeriggio nella sua casa di Padova. Ha preferito la morte alle sofferenze che gli provenivano dall’anima. Aveva però, giornalisticamente, una “colpa”: era un imprenditore, socio di un’azienda del settore delle opere pubbliche che come moltissime altre è alle prese con le difficoltà congiunturali.
Ed allora come i cani di Pavlov a cui veniva l’acquolina in bocca appena sentivano la campana del pranzo, c’è chi si è tuffato subito sul piatto ricco dell’assioma: imprenditore + suicidio = crisi = commenti politici = cronaca con nome cognome ed analisi sociologica. Non so se poi doani tg e quotidiani nazionali moltiplicheranno questa caricatura di un suicidio prutroppo normale o se rimarrà un caso circoscritto. Comunque sia la persona che si è amazzata dentro casa sua senza lasciare uno straccio di biglietto di spiegazioni, nessuna denuncia rabbiosa o accusa disperata, si vedrà ricostruire una postuma motivazione economica, come fossero stati i soldi l’unico motivo per il male di vivere che lo aveva assalito. Credo che sia una maniera un po’ troppo semplificata di ricostruire la cronaca di una morte: convincersi che se l’azienda va male giustifica l’ammazzarsi dà un segnale pericoloso, perchè getta un fine tutto improntato alla ricchezza come senso della vita, senza cui la vita non merita di essere vissuta.
Forse la vita vale di più e certi morti vanno lasciati riposare in pace. Perderemo qualche “buona” apertura di giornale e qualche occasione per leggere l’ennesimo commento sul latte versato del politico di turno che propone ricette e rimedi. Ma ne guadagneremo in umanità.
La morte del povero Giovanni Schiavon è stata dolorosa, disperata, e forse ha insegnato qualcosa, visto che poi la camera di commercio ha stanziato 5 milioni di euro ai Confidi e anche il governo si è mosso.
Chiederne inconsciamente il bis, a qualsiasi titolo e forse solo per farci sopra un titolo, sarebbe crudele.

Alberto Gottardo