La cappella degli Scrovegni che ospita gli affreschi di Giotto a Padova è al riparo dal rischio sismico e l’umidità sottostante alla chiedetta medievale non deve preoccupare. Sono i dati che emergono dal convegno promosso dalla Sovrintendenza dei Beni artistici del Veneto e dall’università di Padova, svoltosi oggi nel capoluogo euganeo a dieci anni dalla conclusione del grande restauro del capolavoro giottesco.
“Da almeno 15 anni compiamo con regolarità studi sul rischio sismico legato alla Cappella degli Scrovegni – ha ricordato Claudio Modena, docente dell’università di Padova – vengono regolarmente monitorati tutti i sensori inseriti sui muri della cappella e nonstante la presenza di lesioni sulla facciata e sulla volta il monumento non presenta alcun rischio. Nemmeno per quanto riguarda le capriate in cemento armato che nel 1963 hanno sostituito quelle in legno. Un rischio di crolli simile a quello che ha interessato la basilica superiore di Assisi è molto remoto”.
Vasco Fassina sovrintendente, fuga ogni dubbio circa la pericolosità dell’umidità sottostante alla cappella. “L’umidità presente nella cripta della Cappella non supera mai il 9 per cento – spiega Fassina -, un dato praticamente nullo, basti pensare che nella cripta della basilica di San Marco a Venezia lo stesso dato è sempre superiore al 20%”.
E proprio una ulteriore assenza dell’umidità sotto la cappella preoccupa gli attivisti del Comitato sorto a salvaguardia del monumento medievale.
“La Cappella degli Scrovegni è un gigante dai piedi d’argilla che rischia di crollare su se stessa, letteralmente afflosciarsi, e questo rischio va valutato prima di fare qualsiasi opera nelle vicinanze di questo tesoro dell’umanità”. A dirlo a margine del convegno sui 10 anni dal restauro del ciclo di affreschi di Giotto tenutosi oggi a Padova è Sergio Costa, presidente del comitato padovano per la salvaguardia della Cappella di Giotto. Secondo Costa l’auditorium in progetto a meno di 500 metri dalla Cappella di Giotto mette a serio rischio un delicatissimo equilibrio di acqua e fango su cui poggia la cappella affrescata dall’artista toscano, di cui oggi gli esperti della sovrintendenza e dell’università di Padova hanno dato conto dello stato di salute degli affreschi. “Gli studi del professor Iliceto nel 2002 e del professor D’Alpaos nel 2011 – spiega Costa – sono importantissimi, perché ci pongono davanti alla madre di tutte le domande: l’acqua di falda che invade il Cenobio, ovvero la sala sotterranea, deve rimanere lì? Non c’è il rischio che faccia “esplodere” Giotto? E la seconda: se gli scavi portassero via acqua di falda, anche quelli del Ppl o per l’auditorium, gli Scrovegni non potrebbero collassare visto che la terra meno imbibita, si ritirebbe?”. Domande che hanno bisogno di una risposta, secondo Costa e per cui il comitato ha proposto, per ora senza fortuna, una gara internazionale per uno studio idraulico su tutta l’area.