C’è un gruppo di persone a Padova di cui i giornali non parlano mai. Un gruppo di ragazzi più numeroso di quelli che con due striscioni e quattro fumogeni spesso si guadagnano visibilità mediatica inversamente proporzionale ai risultati oltre gli slogan, per altro vecchi di 40 anni. I veri no global, i rivoluzionari sul serio sono i giovani che si ritrovano attorno a Romano Lovison e Mario Angi, due persone che mi onorano della loro amicizia e che l’altra sera mi hanno fatto un regalo grande, invitandomi ad una cena che mi ha aperto il cuore. Perchè a quella cena c’erano un centinaio di persone, sotto le frasche, a ridere e scherzare. E ridendo e scherzando questi ragazzi stanno cambiando il mondo, a Padova ed a Wolisso, in Etiopia. Sono i giovani del progetto “Occhi dolci”. A furia di vendere vasetti di miele prodotti da una cooperativa che occupa persone disabili, a colpi di concerti e tornei di calcetto questo gruppo di persone di buona volontà da forza ai progetti che Mario Angi e il CBM Italia porta aventi in Etiopia: ad agosto verrà posata la prima pietra di un ospedale lì nel centro del paese dove non c’era nulla. L’altra sera si festeggiava questo: il fatto che un gruppo di ragazzi ha trovato la via per fare del bene, per cambiare il mondo un pezzetto alla volta. Tra questi ragazzi c’era, anche se in maniera diversa, anche Marco Lovison, il figlio di Romano, morto tre anni fa: lo sentivi l’altra sera che c’era una gioia più grande anche per questo, la soddisfazione di capire attraverso una esperienza diretta difficile da spiegare a chi non la vive, che la fede e l’amore che sconfiggono la morte non sono concetti astratti. Vivono nelle opere di Mario Angi, di Romano Lovison e delle tante persone straordinariamente normali che ho incontrato l’altra sera. Peccato che in pochi ne parlino, distratti da chi grida tanto e conclude pochissimo.
Alberto Gottardo