Una città senza santi e con qualche don Abbondio. E’ la Padova raccontata dal Mattino di Padova di oggi, che ha nel Duomo il suo epicentro del degrado giovanile: il Duomo violento come suggerisce il titolo sotto la foto della sede della cattedra vescovile. L’intervista di Elena Livieri a monsignor Piero Lievore, parroco del Duomo fa riflettere. Ritrae un Duomo assediato (letterale) “da orde di ragazzi, più di duecento”. (clicca qui per leggere la lettera mandata al Mattino di Padova da un lettore che ha sollevato il problema)
Monsignor Piero Lievore spiega nell’articolo che «Ho anche provato a parlare a questi adolescenti, ma non ascoltano. I gruppetti di fronte all’autorità si trasformano in branchi, non hanno rispetto, prendono in giro. Ti parlano con la bottiglia di birra mezza vuota in mano, la sigaretta nell’altra. Più di tanto non ci sentiamo nemmeno di poter dire loro, perché temiamo dispetti e ritorsioni». Viene in mente don Giovanni Bosco che racconta nelle sue memorie come la vocazione gli venne in sogno «A 9 anni ho fatto un sogno – scrive l’allora don Giovanni Bosco – Mi pareva di essere vicino a casa, in un cortile molto vasto, dove si divertiva una gran quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie, mi slanciai in mezzo a loro. Cercai di farli tacere usando pugni e parole».
Monsignor Piero Lievore non usa i pugni, le parole le scrive al sindaco Flavio Zanonato a cui chiede di far intervenire i vigili urbani per riportare la quiete nel piazzale del Duomo. Chissà cosa gli risponderà il sindaco Zanonato. Sono propriuo curioso di leggere il Mattino di domani. Ha la possibilità di mostrare i muscoli, di rendere ancora più luccicante la sua stella di sindaco sceriffo di sinistra. Giovanni Bosco, che forse in vita non avrebbe amato farsi chiamare monsignore, non avrebbe scritto al sindaco. A leggere la sua vita su Wikipedia(clicca qui per leggere la pagina su don Bosco) viene in mente che con i ragazzi del Duomo avrebbe continuato a parlare anche se magari all’inizio lo prendevano in giro. Mentre sabato pomeriggio le orde raccontate dal Mattino si azzuffavano in piazzale del Duomo, 500 ragazzi si riunivano nell’auditorium del liceo artistico Modigliani per un concerto dedicato a Marco Lovison, un ragazzo che è morto quattro anni fa ma che rivive in centinaia di ragazzi, molti più giovani di lui che non l’hanno forse nemmeno conosciuto, e che pure ne portano avanti la memoria festeggiandone ogni anno il compleanno. Ed allora forse monsignor Lievore farebbe bene a scrivere a Romano Lovison, il papà di Marco, ed a chiedergli come si fa a trascinare i ragazzi verso il bene.
Alberto Gottardo