“Il nostro punto di vista è scritto tutto sull’ordinanza che verrà pubblicata in Gazzetta ufficiale non appena perverrà alla Consulta. Di più non posso dire per correttezza e rispetto nei confronti della Corte Costituzionale a cui ci siamo rivolti”. A dirlo il giudice del tribunale del riesame di Padova Marcello Bortolato, estensore del ricorso collegiale alla Consulta per chiarire la costituzionalità dell’articolo 147 del codice penale che non prevede tra i motivi di sospensione della pena il sovraffollamento del carcere. Un rinvio alla Corte costituzionale destinato a fare giurisprudenza e dottrina su un tema spinoso: quello delle condizioni del carcere. La tesi sostenuta dall’avvocato padovano Diego Bonavina nel ricorso al tribunale di sorveglianza è quella che ha già portato a sanzioni all’Italia da parte di Strasburgo in forza della sentenza Torreggiani: non esistono le condizioni minime vitali nel carcere di Padova compatibile con il dettato Costituzionale di esclusione della tortura come sanzione per chi delinque. “L’articolo 147 – aggiunge il giudice Bortolato estensore del rinvio alla Consulta – stabilisce come cause per una sospensione della pena ad esempio l’infermità fisica o lo stato di madre con prole di età inferiore a tre anni. Ma non nel caso in cui la detenzione sia incompatibile con i dettati costituzionali e quelli delle recenti sentenze di Strasburgo, quindi attendiamo indicazioni dalla Corte costituzionale in merito”.
Ha 47 anni ed è un pregiudicato italiano noto alle cronache di paese nell’alta padovana per piccoli reati contro il patrimonio l’uomo che attraverso l’avvocato di Padova Diego Bonavina, rischia di introdurre anche in Italia il principio della sospensione della pena in attesa che il carcere sia in grado di accogliere il detenuto in condizioni compatibili con il principio costituzionale che vieta la tortura, derivante nel caso di specie dal sovraffollamento. Il detenuto ha presentato tramite il suo avvocato, ricorso al tribunale di sorveglianza per incostituzionalità della carcerazione e conseguente richiesta della sospensione della pena. Il 47enne padovano, residente a Galliera Veneta, è stato arrestato nel mese di settembre dai carabinieri di Tombolo (Padova), mentre pedalava per le strade del paese in bicicletta, in violazione del regime di arresti domicialiari per alcune condanne per furto ed estorsione. Per quella evasione era stato condannato a ulteriori otto mesi di carcere: si trova in una cella del carcere di Padova dove a fronte di 369 posti regolamentari ci sono 869 detenuti ospitati, con meno di tre metri quadri a disposizione per detenuto. “Sono fiducioso che la Corte costituzionale accoglierà l’eccezione di incostituzionalità della norma nella relazione, tecnicamente destinata a fare dottrina e giurisprudenza scritta dal giudice Marcello Bortolato – spiega l’avvocato difensore che ha promosso il ricorso al tribunale del riesame Diego Bonavina – il mio assistito in passato ha violato gli arresti domiciliari, condizione che gli rende difficile il riconoscimento di un regime di detenzione alternativo al carcere. La sua pena termina il 18 giugno del 2015. Difficile ipotizzare che possa rimanere recluso tutti questi mesi in condizioni come quelle attuali del carcere di Padova e delle altre carceri del Veneto senza vedersi nei fatti negato il diritto ad una detenzione volta al recupero sociale del detenuto, come prescritto appunto dai padri costituenti”.