Premessa numero uno: secondo me va visto con attenzione questo video (clicca qui per aprirlo) prima di proseguire con la lettura di quanto segue. Premessa numero 2: si parla molto di culo in questo post, quin di fate attenzione se vi dà noia o assuefazione leggere la parola culo. Terza premessa: considero Raffaele Zanon un caro amico, ho avuto modo di conoscerlo bene negli ultimi anni. Quindi in questo senso sono di parte. Non sono a quella che Mazzacurati definirebbe “la giusta distanza”. Ed allora Raffaele Zanon ve lo racconto da vicino. E da vicino “Charlie” come lo chiamano gli amici, è tutt’altro che omofobo, tutt’altro che razzista. Insomma tutto quello che non ti aspetteresti da un ex dell’Msi. Ed a guardare bene il video che ha fatto con Alberto Romano Pedrina, l’unica traccia di omofobia è aver usato la parola culo. Evidentemente una colpa pazzesca in un Paese dove essere conformisti ed ipocriti è un prerequisito, specie in politica. Ed allora tutti a indignarsi perché si è fatta la parodia sul culo e sull’amore gay. Quasi fosse un amore handicappato su cui non si può scherzare. Schizofrenia del conformismo. Propongo uno slogan mutuato dalla pubblicità: “scherzate su tutto, ma non sul mio culo”. Charlie Zanon non è conformista ed ipocrita, è per questo che è un mio amico. La gente come lui e come me, anche se quando parliamo di politica raramente andiamo d’accordo, il culo lo chiama culo, e ne sorride perché a una persona equilibrata, secondo me, il culo fa allegria. Però non lo userei per votare e nemmeno per fare campagna elettorale. Ma forse si è passato al principio democratico un culo, un voto. Se Tinto Brass diceva che ognuno ha il culo che si merita, probabilmente ciò vale anche per il Governo. Io credo di meritarmi un Governo che al primo consiglio dei ministri, prima che del mio culo, si occupi della mia famiglia, del mio Paese, del mio portafogli.
Alberto Gottardo
P.S.: Se poi avete dei dubbi sul fatto che scherzare sul culo non si possa, cliccate qui e vedete cosa succede a prendere sul serio, sbagliare le luci, l’inquadratura, ed avere un pessimo rapporto col parrucchiere