Desidero porgere il mio saluto e ringraziamento alle autorità civili e militari. Un ringraziamento va anche a tutti i cittadini che con la loro presenza testimoniano l’affetto e il profondo senso di appartenenza e di attaccamento alla nostra Repubblica. Oggi siamo qui per ricordare, con orgoglio, quel 2 giugno di 67 anni fa quando gli italiani, finalmente liberati dalla odiosa dittatura, chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica scelsero la Repubblica, quando tra passato e futuro scelsero di scommettere sul futuro, quando tra nostalgia e modernità scelsero quest’ultima.
Fu un momento importante per la nostra crescita civile non solo per la scelta repubblicana, ma anche perché per la prima volta veniva riconosciuto il diritto di voto alle donne. Questi sei decenni raccontano come la strada verso la democrazia e la libertà sia una strada accidentata, irta di ostacoli e di contraddizioni, che ogni giorno ha bisogno della pazienza e dell’intelligenza di tutti per continuare a svilupparsi.
Sono stati sei decenni di pace che hanno consentito di superare antiche divisioni fra i popoli europei costruendo una prospettiva unitaria, quell’Europa Unita probabilmente inimmaginabile in quel lontano 1946. Se ciò è avvenuto lo dobbiamo ai sognatori di allora, ai nostri padri costituenti, alle forze sane e alle tante persone disposte persino a sacrificare la vita per regalare una speranza alle generazioni future.
Oggi, che viviamo una crisi economica che si protrae da ormai troppi anni, avremmo bisogno di quello stesso slancio, di quella stessa capacità di scommettere su noi stessi, su quella voglia di futuro, superando contrapposizioni fra le parti politiche che spesso risultano incomprensibili e proprio per questo finiscono per alimentare sfiducia in quelle istituzioni che devono invece rappresentare il baluardo della nostra convivenza.
Il nostro sistema politico-istituzionale ha purtroppo accumulato tanti ritardi, ha spesso sbagliato molte scelte, ha soprattutto disilluso i cittadini, frustrando energie positive che certo non mancano nella nostra società. Dobbiamo, come accadde allora, proprio dentro la crisi che stiamo vivendo, e che sta colpendo in modo talvolta drammatico decine di migliaia di famiglie, saper mettere da parte le antiche divisioni nel nome del bene comune.
Dobbiamo mettere al centro il bene degli italiani. Per troppo tempo ci si è accontentati del bene di alcune sue parti. Nei momenti di difficoltà economica purtroppo le disuguaglianze tendono ad aumentare, con il rischio di minare le basi stesse della democrazia e della convivenza sociale. La mancanza di lavoro diventa sempre più dramma individuale e sociale, condizione che finisce per limitare la libertà e la dignità delle persone.
E’ allora compito delle Istituzioni, delle forze vive della nostra comunità operare per rimuovere gli ostacoli che rischiano di indebolire uno dei pilastri su cui si regge la nostra Repubblica, quell’articolo tre che ci ricorda che “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Si tratta di un articolo la cui attuazione richiede una mobilitazione corale affinché nessuno rimanga indietro, ed è una condizione della convivenza e della coesione sociale. C’è un lavoro immenso da fare. Si dovrà agire in profondità per riorganizzare il paese, per riformare le sue istituzioni, per superare le diseguaglianze, per creare quella ricchezza che è condizione indispensabile per la sua equa distribuzione.
E’ necessario insomma costruire un quadro che consenta di coltivare la speranza nel futuro quale condizione indispensabile per ricostruire una fiducia fondata su solide basi. E’ un compito difficile e impegnativo, ma il paese ha le energie necessarie per affrontarlo. Lo dobbiamo soprattuto ai nostri giovani, che più di altri pagano un prezzo altissimo alla situazione di crisi. Un prezzo che non è solo la mancanza di lavoro, diventa sempre più una assenza di prospettive, impossibilità di costruirsi una famiglia, insomma di coltivare un’idea di futuro.
Nel secondo dopoguerra fu proprio lo slancio dei giovani, la loro forza, il loro coraggio a far diventare grande l’Italia. La scelta della Repubblica fu il primo decisivo passo verso la rinascita. Oggi a questi ragazzi dobbiamo dare fiducia, dobbiamo metterli nelle condizioni affinché possano affrontare le sfide della vita. Dobbiamo farlo investendo di più in istruzione, in formazione, nella ricerca, perché la cultura e la conoscenza sono sempre di più strumenti fondamentali per la loro crescita e per avviarli verso il confronto con i giovani di altri paesi.
Ce l’ha ricordato recentemente anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rendendo esplicito l’impegno a trasmettere piena coscienza di quel che l’Italia e gli Italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato, e delle grandi riserve di risorse umane e morali, di intelligenza e di lavoro di cui disponiamo. Queste parole devono suscitare orgoglio e fiducia in noi stessi: non mancano le risorse all’Italia per tornare a sperare, per tornare a crescere, per tornare a giocare un ruolo da protagonista nell’Europa e nel Mondo.
Dipende da noi, dalla nostra volontà e capacità di rinnovarci, di guardare alle difficoltà senza chiuderci dentro recinti di paure, di saper innovare, nelle istituzioni e nelle articolazioni più vive della società.
Viva l’Italia, Viva la Repubblica.
Ivo Rossi
2 giugno 2013