Aumentare le pensioni minime e la quattordicesima. Ecco alcuni degli obiettivi “previdenziali” annunciati dal governo e che verranno discussi nei prossimi giorni durante il tavolo tecnico istituito dal ministro Poletti con i sindacati.
Beh, se così fosse, ovvero se andassero in porto questi obiettivi, a gioire sarebbero soprattutto le pensionate che sono decisamente più povere dei “colleghi” maschi. Anche nel padovano infatti, come evidenziano i dati 2016 forniti dall’Inps ed elaborati dallo Spi CGIL del Veneto, una “anziana” su tre vive con un assegno previdenziale talmente basso da non poter condurre una esistenza né dignitosa né normale. Risultato? Oltre 42 mila pensionate patavine devono ricorrere a un aiuto economico (integrazione al trattamento minimo) da parte dello stato. Tanto per intenderci, l’integrazione è stata invece accordata “solo” a 6.684 pensionati maschi.
La situazione, per molti versi drammatica, è già testimoniata dalla differenza fra gli assegni previdenziali degli uomini e quelli del donne. Nel padovano infatti l’importo medio mensile è di 1.212 euro per i maschi e di 633 euro per le donne. Prendendo in esame l’importo della pensione di vecchiaia, quella degli anziani è il doppio rispetto a quella delle anziane (1.426 euro contro 721 euro). Ecco perché su circa 49 mila integrazioni al trattamento minimo, nel 2016, l’86,4% è stato richiesto e ottenuto da pensionate e solo il 13,6% da pensionati.
“Questi dati rendono conto in modo inequivocabile, al di là di tante parole, delle enormi differenze che ci sono state e ancora permangono fra donne e uomini nel mondo del lavoro – sottolinea Rosanna Bettella, segretaria generale Spi Padova e responsabile regionale coordinamento donne Spi Veneto – Questi sono i dati della provincia di Padova ma grosso modo i rapporti sono simili anche nelle altre province. Va assolutamente incentivato il lavoro delle donne e sostenute le famiglie in termini di servizi. Più asili nido, più scuole materne, più strutture pomeridiane per i minori e una giusta valorizzazione anche economica della genitorialità. Queste sono fra le tante proposte che i coordinamenti donne dello SPI, compreso quello della provincia di Padova, portano avanti ogni giorno nelle loro attività di contrattazione sociale con le amministrazioni comunali e con le aziende Ulss. Un Welfare pubblico che rimetta al centro la persona e che restituisca dignità a donne, giovani, anziani”.
“Una delle nostre principali battaglie anche a livello regionale sarà proprio questa – commenta Rita Turati, segretaria generale dello SPI CGIL del Veneto – dare alle pensionate quella dignità che attualmente non può essere garantita da assegni così bassi rispetto a quelli degli uomini. Ecco perché da tempo chiediamo il riconoscimento del lavoro di cura. La prospettiva di vita delle donne è più lunga rispetto agli uomini e quindi molte pensionate “campano” con l’assegno di reversibilità che è molte volte insufficiente a garantire un livello di vita dignitoso. In tale contesto le richieste al governo di ampliamento della 14esima per gli assegni più bassi e dell’allargamento della no-tax area ai pensionati sotto i 65 anni, diventano elementi fondamentali per rendere più dignitose anche le pensioni delle donne”.
Per quanto riguarda l’integrazione al trattamento minimo, Turati ricorda che “deve essere richiesta dallo stesso pensionato o pensionata che spesso non sa però di averne diritto. Ecco perché da tempo lo Spi ha lanciato la campagna sui diritti inespressi. I nostri operatori sono a disposizioni nelle sedi territoriali dello Spi per controllare e verificare le pensioni e vedere se possano o meno usufruire di integrazioni o di altri benefici. Con questa iniziativa stiamo recuperando centinaia di migliaia di euro a favore di moltissimi pensionati veneti”.