Allarme dalla bassa padovana: un capannone su 5 è abbandonato

 
capannone moschea ponte di brenta
©Bergamaschi

Hanno fornito numeri importanti i relatori del dipartimento Icea (Ingegneria Civile, Edile e Ambientale) dell’Università di Padova a proposito della situazione attuale delle aree produttive ZTO-D della Bassa Padovana. Un’occasione importante per una valutazione dello stato reale del territorio quella emersa dal convegno dal titolo “La rigenerazione del sistema produttivo del basso padovano e legge regionale 14/2017 in materia di consumo del suolo” organizzato oggi, 25 novembre 2017 dalla Fondazione Radicanti e Ruzantini ed a cui hanno partecipato un centinaio di cittadini della Bassa Padovana attirati dal tema e da un parterre di ospiti d’eccezione.

Analisi, valutazioni quantitative e qualitative, ma pure esempi concreti, come quelli presentanti dal sindaco di Monselice Francesco Lunghi a proposito del caso della piattaforma logistica e di trasformazione agroalimentare Agrologic di Aspiag (Despar), si sono susseguiti in un convegno dai profili d’interesse considerevoli per gli stakeholder e per i cittadini
I relatori: Il presidente della Fondazione Radicanti e Ruzantini Remo Realdon è riuscito a riunire attorno al grande tavolo a ferro di cavallo della sala Consiliare del Municipio di Monselice il prof. Pasqualino Boschetto, il prof Giuliano Marella e il dott. Alessandro Bove del dipartimento Icea (Ingegneria Civile Edile e Ambientale) dell’Università di Padova, il Presidente Banca Patavina Leonardo Toson, il Sindaco di Monselice Francesco Lunghi ma pure don Marco Cagol, Delegato diocesano al territorio Gianni Potti, Delegato Industria 4.0 Confindustria Veneto, Otello Vendramin direttore generale di Ascom Confcommercio Padova, Francesco Blasi delegato di Confindustria Bassa Padovana Andrea Moscatoda, Segretario generale aggiunto della Cisl di Padova e Rovigo e Luciano Salvò, Consigliere della Provincia di Padova.

I numeri dei capannoni dismessi: Nelle Zone Territoriali Omogenee di tipo D, quelle destinate agli insediamenti industriali, di Monselice, Este, Montagnana ma pure del Conselvano, del Piovese e del Camposampierese, il 20% circa dei capannoni industriali, rispetto ad una superficie totale di oltre 29 milioni di metri quadrati edificati, sono ad oggi in stato di abbandono o dismesse. Nel frattempo circa un terzo delle superfici, 8,2 milioni di metri quadri, sono inseriti nei Piani Regolatori come edificabili in ambito produttivo ma non ancora costruiti. Numeri drammatici per un territorio che ha lasciato sul terreno circa 1.900 imprese rispetto all’inizio della crisi, circa il triplo, a livello percentuale, di quanto perso dall’area metropolitana di Padova.

Le aree territoriali: Una percentuale quella media del 20% di edifici produttivi dismessi che raggiunge punte anche superiori al 30% nell’area vasta del Montagnanese e che oscillano tra il 15 e il 30% nel Monselicense e nel Conselvano. Meglio va invece il Piovese dove la percentuale di edifici industriali dismessi oscilla tra il 5 e il 15%.

La stima economica sul valore immobiliare nominale: La stima emersa dal convegno corrisponde ad oltre 3 miliardi di euro di valore immobiliare nominale perso rispetto al pre-crisi, dqualndo le valutazioni raggiungevano i circa 400 euro al metro quadro per gli immobili ad uso industriale ad oggi dismessi e i circa 100 euro al metro quadro dei terreni edificabili ma ad oggi non fruiti.

Il futuro dell’area: la legge 14/2017 sul consumo di suolo che la Regione ha redatto ed è stata approvata dal Consiglio regionale lo scorso 6 giugno 2017 punta a ridimensionare notevolmente le superfici disponibili per una nuova industrializzazione di cui il territorio rischia di non avere la necessità dando una spinta alla ripresa del valore immobiliare di mercato delle superfici industriali già edificate. Un’operazione che favorisce nei fatti il rilancio di ipotesi di riqualificazione che proprio nella vasta disponibilità di superfici vergini ha visto fino ad oggi un limite pesante.

«Siamo membri della comunità della Bassa Padovana da sempre» ha detto il Presidente della Fondazione Radicanti e Ruzzantini Remo Realdon. «Già 50 anni fa si parlava dell’assenza di industrializzazione di questo territorio che è la nostra casa. Dopo uno sviluppo importante ci troviamo a fare i conti con una pesante deindustrializzazione. Una perdita di valore immobiliare nominale che è possibile stimare in una cifra intorno ai 3 miliardi di euro sui valori del pre-crisi. Crediamo che iniziative come queste possano essere di qualche utilità per fornire gli strumenti, quantitativi e scientifici, a chi amministra queste aree e ai portatori di interesse per dare un indirizzo nuovo ad un territorio che ha la forza e la capacità di uscire dalla crisi con un nuovo modello economico e sociale capace di rilanciare la Bassa Padovana. Una sfida che in parte abbiamo già vinto quando, ancora due anni fa, avevamo organizzato un altro convegno di respiro regionale assieme a Icea sul tema del recupero e della riqualificazione delle aree industriali devastate dalla crisi. Uno spunto da cui le autorità competenti hanno tratto gli stimoli opportuni, chiamando il prof. Boschetto del Dipartimento ICEA ma in qualità di delegato dell’Ordine provinciale degli Ingegneri a far parte del gruppo di lavoro Urban Meta che ha collaborato alla presentazione della legge 14/2017 approvata dal Consiglio Regionale il 6 giugno scorso».


«I numeri presentati sono quelli ancora parziali che saranno oggetto di una pubblicazione organica prevista per il marzo 2018» ha chiarito il Prof. Pasqualino Boschetto del Dipartimento Icea dell’Università di Padova. «Ma è certo che la perdita nominale di valore immobiliare per l’area a causa della lunga crisi che ha spazzato via interi comparti nella Bassa Padovana è stata drammatica. E se circa il 20% delle aree già edificate è ad oggi dismesso rimangono ancora oltre 8 milioni di metri quadri di superfici pronte per nuove edificazioni. Superfici considerevoli, pari a circa il 30% di quelle complessivamente edificate che saranno probabilmente ridimensionate consistentemente da una legge regionale 14/2017 sul consumo di suolo che tende a preservare le aree ancora libere nel contempo spingendo il le opportunità di utilizzo di quegli immobili dismessi il cui valore nominale è considerevole ma dal punto di vista del mercato è invece ad oggi è pressoché nullo».
«Il sistema produttivo dell’area e più in generale di tutta la provincia è profondamente frammentato e diffuso» ha detto il dott. Alessandro Bove del Dipartimento Icea dell’Università di Padova. «E la crisi ha modificato profondamente un tessuto produttivo che nella sua crescita, per certi versi scomposta, ha mangiato il territorio cementificando aree vastissime del territorio. Ma la stessa crisi che ha lasciato nella Bassa Padovana circa 5,8 milioni di metri quadri di superfici industriali abbandonate può rappresentare anche un’opportunità per ripensare non solo il territorio ma tutto un sistema produttivo che vede nella fabbrica 4.0 un’opportunità di sviluppo capace di riorientare le superfici esistenti a nuovi funzioni, produttive certo ma pure tecnologiche e logistiche».
«Per programmare il futuro del territorio dobbiamo comprendere le opportunità che vengono liberate dallo sviluppo tecnologico e sociale dei tempi ed è fondamentale avere consapevolezza di quali percorsi intraprendere» ha detto il Presidente Banca Patavina Leonardo Toson. «Incontri come questi sono importantissimi per confrontarci sul tema delle esigenze del territorio dal punto di vista industriale, finanziario, sociale ecc. Da parte nostra, la fusione fra la Bcc di Piove di Sacco e Sant’Elena, non indolore dal punto di vista dei livelli occupazionali, è la conseguenza di un cambiamento strutturale del modo di fare banca: ora è valorizzata al massimo la capacità e la professionalità del singolo, puntando al futuro di un settore che deve guardare ad un nuovo modello di fare banca che vuole figure capaci di fare un salto rispetto al passato riportando al centro della relazione con la banca il cliente e le sue esigenze, che sono cambiate con il tempo e l’innovazione digitale degli ultimi anni».