Bisogna avere il coraggio di dirlo: gli immigrati, specie se irregolari, sono un affare d’oro. Guai se non ci fossero. Sono stati la gallina dalle uova d’oro per Lega e Pdl. Bossi e Fini hanno messo il loro nome su una legge assurda, in gran parte del tutto inapplicabile, garantendosi una rendita di voti dall’anima più impaurita di quell’Italia fatta di brava gente a parole, ma che sotto sotto non è diversa dai popoli che hanno trattato malissimo gli italiani quando andavano in giro a cercare fortuna. Gli immigrati sono una comodissima bandiera da agitare in campagna elettorale anche per la sinistra, da quella in camicia arrotolata sulle maniche tipo Bersani, a quella barricadera che li usa come massa di manovra, vicina ai centri solciali. Gli immigrati come quelli della Casa a colori di Padova che si sono ribellati a vivere come zombie dopo 20 mesi a vitto e alloggio garantito, ma futuro lavorativo negato, sono un affare d’oro anche per la Caritas e le altre associazioni di volontariato che li accudiscono, in teoria gratis. In pratica con costi altissimi per lo Stato sociale italiano. Basti pensare a quanto è costata alla comunità la Casa a colori stessa: proprietà dei padri Dehoniani, se non ricordo male fu ristrutturata a spese quasi completamente sostenute dalle fondazioni pubbliche in occasione del grande Giubileo, la Fondazione La Casa versa ai Dehoniani circa 40mila euro di affitto annuo. Una cifra che probabilmente sarebbe bastata ed avanzata per rimpatriare i 50 immigrati che oggi hanno sfasciato tutto, ma da un certo punto di vista sarebbe stato come togliersi la terra da sotto ai piedi per quanti sulle disgrazie di quegli immigrati ha basato la propria fortuna politica o no profit che sia.
Mi viene in mente Eric William Nono Happy, (clicca qui per leggerne la storia) camerunense che la generosità di tanti padovani miei amici ha permesso di rispedire al suo paese. Qualche settimana dopo essere ritornato in Camerun Eric mi ha mandato un messaggio augurandosi che Dio benedica tutti quelli che gli hanno dato una mano a rifarsi una vita nel suo paese d’origine. Dalle sue parole traspariva gioia e fiducia nel futuro. Era anche lui andato a bussare alla Casa a colori. Gli era stato risposto, per la verità con molta gentilezza, che per lui che non era profugo nè richiedente asilo politico, non c’era posto. Forse perchè ai profughi ed ai richiedenti asilo il vitto e l’alloggio generosamente donato dalle onlus che se li prendono in carico, viene rimborsato dai Comuni e dallo Stato. Per i poveri cristi, specie se incensurati, il rimpatrio a meno di clamorose botte di fortuna, rimane solo un miraggio e l’unica realtà la strada. Senza poter nemmeno lavorare, perchè lo proibisce appunto la legge Bossi Fini. Forse anch’io al posto degli africani alla Casa a colori, avrei spaccato tutto. Sbagliando e passando dalla parte del torto certo, ma almeno sollevando per un attimo il velo di ipocrisia che avvolge la questione serissima delle condizioni, e soprattutto dei costi, dell’accoglienza degli immigrati in Italia.
Alberto Gottardo