Ho votato sì all’arresto del collega senatore Tedesco. Decisione quella dell’arresto di una persona da non prendere mai a cuor leggero, e tanto meno sull’onda di una pubblica emozione. E dietro la decisione ci stanno affari molto delicati nell’equilibrio tra poteri dello Stato che non vanno ricondotti a tifoserie, popolarità delle decisioni, vantaggi o svantaggi politici.
Intanto va chiarito su cosa esattamente un parlamentare è chiamato a decidere. Non nel merito del processo o sulla persona, ma su due elementi che se esistenti giustificano il diniego dei provvedimenti restrittivi. La presenza evidente di un fumus persecutionis, che può essere proprio legato al ruolo pubblico del parlamentare o una sproporzione tra i reati per cui si chiede l’arresto e le conseguenze delicatissime sull’alterazione della composizione del Senato, così come deciso dagli elettori. Pensiamo che nella scorsa legislatura anche l’arresto di un sol senatore avrebbe potuto essere decisivo per la caduta del Governo.
Nel caso di Tedesco la stessa maggioranza che poi ha votato per respingere la richiesta di arresto ha riconosciuto l’inesistenza di un fumus persecutionis e quanto alla proporzione dei reati le imputazioni sono per reati gravissimi come associazione a delinquere, concussione e corruzione. Vi erano quindi i motivi per concedere l’arresto, tenuto tra l’altro conto che in nessun modo l’arresto avrebbe avuto conseguenze sulla normale dialettica tra maggioranza ed opposizione. E su questa posizione esplicitamente si è espresso il Gruppo del PD.
Abbiamo chiesto il voto palese. Il Regolamento lo prevede, a meno che 20 senatori richiedano il voto segreto.
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