Si chiama “Testa di Serpente”, come gli emissari della criminalità organizzata asiatica che si occupano di penetrare in un Paese straniero e, da lì, avviare e gestire nuovi traffici illeciti: è la maxi operazione sviluppata dalla Guardia di Finanza del Veneto con il coordinamento della Procura della Repubblica di Padova che, dalle prime luci dell’alba di ieri, sta smantellando un’estesa rete di imprenditori cinesi implicati a vario titolo nei reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, associazione a delinquere finalizzata alle frodi fiscali, sfruttamento di false certificazioni professionali e truffa ai danni dello Stato.
In Veneto, 3 persone ai vertici del sistema criminale sono state raggiunte da altrettante ordinanze di custodia cautelare in carcere e arrestate. Si tratta di 2 cinesi, un uomo e una donna, rispettivamente di 28 e 29 anni, e di un 63enne veneziano.
Allo stato, risultano coinvolte nell’inchiesta più di 1100 imprese e ditte individuali riconducibili a uomini d’affari del Paese delle lanterne rosse e distribuite sull’intero territorio nazionale. Sono oltre 1800 i militari, di 67 Reparti e a bordo di 750 mezzi, impegnati su 700 obiettivi.
Perquisizioni personali e locali, arresti, controlli, ispezioni e verifiche fiscali sono i provvedimenti tesi a ricostruire le condotte illecite realizzate da strutture societarie operanti alla stregua di vere e proprie “cabine di regia” che, dietro il paravento di attività economiche lecite, favorivano l’ingresso e la permanenza nel territorio nazionale di migliaia di cittadini extracomunitari, fornendo nel contempo agli stessi una giustificazione alla loro presenza.
L’epicentro delle indagini è in un gruppo societario di Padova, gestito da cittadini asiatici, tramite il quale venivano poste in essere procedure fraudolente per consentire a connazionali di ottenere indebitamente permessi di soggiorno e/o relativi rinnovi, di false abilitazioni professionali per la gestione di esercizi atti alla somministrazione di alimenti e bevande, falsi libretti formativi e dove la contabilità di centinaia di ditte veniva gestita in modo da consentire frodi tributarie a danno dell’Erario. Due soci, entrambi di etnia cinese, sono stati raggiunti da provvedimento restrittivo della libertà personale e per loro si sono spalancate le porte del carcere.
Uno dei due è stato fermato all’aeroporto di Tessera mentre era in procinto di imbarcarsi per la Cina. Previo corrispettivo in denaro, facevano inoltre figurare come regolarmente impiegati in mansioni di colf e badanti presso italiani compiacenti (10 denunciati a piede libero), migranti asiatici desiderosi di ottenere il permesso di soggiorno e le relative, successive regolarizzazioni annuali, in spregio a qualsiasi decreto ministeriale sulle cosiddette “quote d’ingresso”. Dal loro studio contabile, gli investigatori sono risaliti, nel corso delle indagini, ad altri quattro studi commercialistici, tra i quali: uno riconducibile anch’esso a soci cinesi, con un portafoglio clienti per centinaia di unità, ed un altro gestito da un professionista italiano. Gli studi professionali erano a loro volta, legati a filo doppio col terzo arrestato, il 63enne titolare di una società di servizi di Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia raggiunto dai finanzieri mentre si trovava in villeggiatura nella sua casa in montagna in Trentino. A quest’ultimo ci si poteva rivolgere per ottenere, a pagamento, i cosiddetti REC (certificati di abilitazione alla gestione di bar e ristoranti) previsti dalla legislazione regionale quale requisito necessario per somministrare in forma di attività commerciale alimenti e bevande. Utilizzando un certificato originale, la cui emissione è subordinata alla frequenza di un corso di 120 ore, l’imprenditore veneziano scannerizzava il documento e lo compilava con i dati dell’interessato, che poteva così intraprendere l’attività lavorativa senza perdere tempo in pastoie burocratiche e/o percorsi formativi lunghi settimane. Un commercialista italiano e due sue impiegate sono invece stati denunciati a piede libero. Costoro, assieme al terzetto finito dietro le sbarre, possono essere definiti come leve ed ingranaggi di un meccanismo di precisione assolutamente funzionale e redditizio, in cui la falsificazione e il commercio di documenti fasulli erano il core-business ed avevano assunto i contorni dell’attività organizzata su scala industriale. Le copie dei REC erano, infatti, di altissima qualità, indistinguibili dagli originali se non previa, accurata analisi. Il commercio illegale, diffuso su tutto il territorio nazionale, fruttava mensilmente ai suoi artefici decine di migliaia di euro, se si pensa che un solo certificato poteva arrivare a costare all’utilizzatore finale 1.800 euro. Sono già una cinquantina i bar e ristoranti del solo Triveneto presso cui sono stati rinvenuti dai finanzieri REC falsi. Nei confronti di tali esercizi pubblici sono state avviate le procedure per la chiusura. L’attività investigativa è stata supportata anche dal Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza; in particolare grazie al software MOLECOLA, strumento di analisi operativa ideato dallo S.C.I.C.O. e dalla Procura Nazionale Antimafia per individuare ed aggredire i patrimoni illecitamente accumulati dalla criminalità, sono state messe “sotto lente” le imprese gestite da cittadini cinesi caratterizzate da rilevanti indici di incoerenza patrimoniale ed evidenziate, al contempo, le posizioni di molti soggetti che avevano già manifestato spiccata intraprendenza criminale.