Non c’erano le telecamere dei tg locali, che condiscono variamente da mesi il minestrone di clandestini, profughi, extracomunitari, invasione, aiutiamoli a casa loro e prima i veneti. Non c’erano coloro che sulle paure degli italiani verso una ondata di nuova immigrazione, alla fine di una crisi durissima, si stanno costruendo un capitale di voti in libera uscita dai partiti tradizionali. C’erano solo Mirko Sossai, traino e mente della comunità di Sant’Egidio e c’erano una trentina di volontari dell’associazione di ispirazione cattolica che ieri ha organizzato una bellissima giornata fatta di suoni, colori, canti, sport e un pranzo multiculturale al patronato della parrocchia di Ognissanti. E’ stata una giornata speciale, per chi l’ha vissuta. “E’ la giornata di San Francesco, santo povero del dialogo e della carità”, ha spiegato Mirko un po’ in italiano, un po’ in francese e un po’ in inglese. I ragazzi della comunità di Sant’Egidio hanno onorato così il santo patrono della nazione che una volta si faceva fregio della nomea “italiani brava gente”, e nella città di Sant’Antonio, naufragato anche lui otto secoli fa in Sicilia, ed amato tantissimo, anche se era scuro di pelle e parlava con uno strano accento, dai padovani dell’epoca. Quelli arrivati a Padova in questi mesi non sono tutti santi, ma certamente non sono per niente tutti clandestini delinquenti, come gli imprenditori elettorali della paura vorrebbero. “Sono nostri coetanei, guarda che sono come noi, non lo vedi?” mi ha detto una volontaria, lasciandomi imbambolato per la semplicità di una frase che racchiude un mondo. Un mondo nuovo, dove la paura viene sconfitta dal saper vedere nell’altro, prima delle differenze e delle difficoltà, la bellezza dell’essere tutti uomini incerca di un futuro migliore e di un po’ d’amore in questa vita.
Alberto Gottardo