Da quindici anni le scuole padovane hanno un servizio, specie alle elementari ed alle scuole materne, di mediatori culturali. Si tratta persone che hanno la funzione di ponte linguistico e non solo, tra i genitori e la burocrazia della scuola. Aiutano nella compilazione dei moduli, risolvono sul nascere incomprensioni e piccoli problemi, dentro e fuori dalla classe. Si tratta di un servizio essenziale per permettere che il bambino con genitori stranieri non si senta svantaggiato ed aiuta anche i compagni di classe. Un gruppo di studenti è come una catena di montaggio: procede alla velocità dell’anello più lento. O si migliorano le performance di quelli che in partenza rischiano di avere un gap oppure le alternative sono due: rivedere al ribasso la formazione di tutta la classe oppure sganciare lo studente con genitori stranieri, farlo sentire straniero anch’egli, con tutte le ricadute del caso (guardare alla voce banlieu della recente storia francede). L’amministrazione Bitonci ha intrapreso questa strada: via i mediatori culturali, via i centri di recupero pomeridiano per lo studio dei ragazzini. Via tutti i ponti. Solo muri. Come si sentiranno i bamini con genitori provenienti da altre culture e con un bagaglio linguistico non sempre all’altezza di comeprendere il linguaggio burocratico? Quale sarà la reazione dopo anni di partenze ritardate, abbandoni scolastici e frustrazioni conseguenti? Potremmo ricevere il massimo dell’intelligenza e della creatività da questi nuovi cittadini, come successo nella New York che vide diventare sindaci i figli degli italiani americani di prima generazione. Stiamo invece decidendo di non coltivare talenti, ma solo odio. L’esito di questa politica nefanda, temo, sarà nefasto.
Alberto Gottardo