Si è tenuta ieri sera come tutti i 17 giugno, la commemorazione in via Zabarella di Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, due attivisti del Movimento sociale italiano trucidati dalle Br nel 1974. A tenere il discorso in rappresentanza del Comune quest’anno è toccato all’assessore ed ex senatore di An Maurizio Saia che evidentemente ha usato termini che non sono andati giù alla figlia di Graziano Giralucci, silvia, giornalista ed autrice di un libro e un docufilm “L’inferno sono gli altri” proprio sulla storia della violenza politica degli anni ’70 a Padova. Scrive Silvia Giralucci su facebook:
“Nemici, sacrificio, martiri, eroismo… La memoria è identità e le memorie saranno sempre divise. Io continuo a pensare che mio padre avrebbe preferito vivere, che morire, per un’idea. Continuo a pensare che una persona sia molto di più che le sue idee politiche. Mio padre era un militante di destra, un allenatore di rugby, un papà, un figlio, un marito, un fratello, un amico… Non di sicuro una bandiera. Penso che sia un terribile passo indietro che una commemorazione faticosamente diventata ‘civile’ (da civis, città) torni ad essere di parte. Però penso anche che dopo 42 anni ho diritto di guardare aventi. Avete voglia di continuare a parlare di nemici? Fate pure, non in mio nome”.
E più sotto rispondendo ad un commento chiarisce: “Avete ascoltato il discorso che ha fatto ieri Maurizio Saia? Diciamo che è un discorso che mi sarei aspettata di sentire 15 anni fa. C’è tutto il desiderio, che Saia aveva già espresso, di rivendicare che quei morti sono di una parte (cosa vera) e che vanno ricordati solo da quella parte (cosa che non condivido, perché si inserisce nella stessa logica di chi ha pensato che “uccidere un fascista non è reato”). Non è stato facile far fare dei passi avanti a questa città. Ieri ne abbiamo fatti parecchi indietro. Non credo sia giusto lasciar solo papà, ma credo anche che dopo 42 anni dovrebbe essere questa città a farsi carico della sua storia, lasciando a noi parenti il diritto di vivere il nostro lutto in maniera privata, senza la necessità di fare da sentinelle per evitare strumentalizzazioni”.
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