Il miglior modello di gestione dell’emergenza profughi nelle nostre città? É quello della cosiddetta accoglienza diffusa.
Parola di Confcooperative Veneto e Federsolidarietà (che in Confcooperative è l’organo di rappresentanza politico sindacale del sociale).
Un letimotiv che entrambi gli organismi associativi da mesi portano avanti, e sul quale si confrontano con le istituzioni preposte, Prefettura da una parte, sindaci dall’altra.
Oggi ancora di più, visto il caso eclatante di Ecofficina, cooperativa iscritta a Confcooperative Federsolidarietà del Veneto, ma sospesa a metà luglio dietro loro iniziativa e con atto ufficiale del Consiglio di Presidenza nazionale. Una presa di posizione che Confcooperative ha voluto per difendere il nome e l’operato della stessa associazione, in attesa del giudizio che un tribunale emetterà nei confronti dei vertici di Ecofficina, la cooperativa che a Padova gestisce la maggior parte dei profughi nelle strutture ex Prandina e Bagnoli. Ma anche per chiarire come deve essere l’accoglienza dei profughi secondo l’associazione: una micro accoglienza diffusa nel territorio, proprio per favorire l’integrazione dei profughi, evitando le concentrazioni di denaro proveniente dai bandi nazionali in poche mani e gli agglomerati di persone che creano solo tensioni.
“Non c’è una legge che impedisce di accogliere e gestire centinaia di profughi in una stessa struttura – spiega Ugo Campagnaro, Presidente di Confcooperative Veneto – ma è un sistema che non risponde a logiche di buona accoglienza. Per questo non condividiamo questo modello, che guarda soprattutto al business e non alla qualità dell’intervento, dell’integrazione, della relazione. Vogliamo prendere le distanze da questa cooperativa e dal modello che propone”.
Per questo, oltre a sospendere Ecofficina, Confcooperative Veneto ha deciso di non ricevere più quote associative dalla stessa, di non farla partecipare alla vita associativa, l’ha diffidata dall’utilizzare il marchio Confcooperative e sta attuando una minuziosa revisione delle carte relative ad Ecofficina.
Del resto questa presa di posizione corrisponde a quanto si sta definendo a livello nazionale. A maggio scorso è stata infatti firmata a Roma la “Carta per la buona accoglienza”, un documento sottoscritto da Ministero dell’Interno, Anci e Alleanza delle cooperative sociali. Obiettivo primario verso cui si impegnano i firmatari della Carta è di passare gradualmente dall’accoglienza in centri collettivi a percorsi di accoglienza in abitazione, con standard di qualità che garantiscano servizi adeguati: dalle caratteristiche delle stesse abitazioni alla presenza di personale socio educativo qualificato in ogni fase dell’accoglienza. L’adeguamento alle politiche dello SPRAR deve concretizzarsi anche attraverso la realizzazione di percorsi di mediazione culturale, corsi di italiano, tutela legale, garanzia di pasti, vestiario, igiene personale, formazione professionale e azioni costanti di coinvolgimento dei territori che accolgono i migranti, con un lavoro congiunto di Comuni e Prefetture.
Così Roberto Baldo Presidente Veneto di Federsolidarietà. “Grazie al lavoro di Ministero, Federazione e ANCI vengono definite delle linee di comportamento unitarie che ricalcano il modello dello SPRAR, quindi di un’accoglienza all’insegna dell’integrazione e del sostegno. Finalmente si esce dall’equivoco e dalla zona grigia in cui ognuno faceva accoglienza a modo proprio. Ora ci auguriamo che le Prefetture inizino ad usare una modalità coordinata di risposta all’emergenza. Ne stanno riflettendo a livello nazionale sia Fassino come Presidente dell’Anci, sia Alfano come ministro dell’Interno. Stanno cioè ragionando sull’accoglienza diffusa, e in particolare sulla definizione di un numero massimo di profughi che i comuni possono ospitare in base al numero di abitanti. Questa è la strada da percorrere, non ce ne sono altre”.