Il confronto negato, le critiche scambiate per polemiche, la richiesta di chiarezza bollata come “strumentalizzazioni”: caro Giordani non fare l’oligarca

 

C’è un cartello di 9 metri di lato che ha campeggiato sul piazzale della stazione per un mese, al costo stimabile di almeno ottomila euro (chiedete alla Quadro advertising proprietaria dello spazio). E quel cartello dice tutto sullo stile di Sergio Giordani in questi ultimi anni di legislatura e in questa campagna elettorale in cui ha speso tutto lo spendibile ma ha sempre fuggito ogni confronto. C’è da capirlo: è sempre stato padrone, prima del calcio Padova e della Aspiag Srl (leggasi Despar) poi di NonSoloSport e di attività tra Agordo e la campagna padovana (fornisce con Il Filò delle vigne la cantina del caffè Pedrocchi). E al padrone non si fanno critiche, non si chiedono confronti. Attraverso l’Interporto prima e il Comune poi, Sergio Giordani ha poi costruito una influenza pubblica in tandem con il potente e sussurratamente temuto portavoce Massimo Bettin (nel curriculum professionale sindacalista CGIL e segretario provinciale del Pd). E’ diventato una sorta di oligarca che confonde le legittime critiche con polemiche, come dice il cartellone, che fa bollare dall’assessore Andrea Micalizzi le richieste più che sacrosante da parte dell’opposizione con il termine “strumentalizzazioni”. E sì che quell’evento, il ritrovamento in un ufficio importante di Palazzo Gozzi di una microspia non è proprio una sciochezzuola di poco conto.
Eppure il sindaco nulla dice. “Devo lavorare per la città” dice, e poi passa buona parte delle mattinate in giro per la città a mercatini a stringere mani o a fare bislacche inaugurazioni tipo quella del parco che non è un parco, ma assomiglia di più a una porcata per come sono state trasferite le cubature, a due passi dalla Cappella degli Scrovegni. Giordani non si confronta, non si discute, o lo si osanna o si è nella migliore delle ipotesi dei figli di puttana. Ecco, caro sindaco commerciante mai diventato pienamente politico, io le contesto questo atteggiamento, a lei ed al suo Rasputin in sedicesima: la democrazia è un’altra cosa. E il fatto che lei si neghi ai cofronti tra candidati è la peggiore mancanza di rispetto possibile nei confronti dei padovani. Lo avesse fatto cinque anni fa Massimo Bitonci, i suoi fedeli assessori/camerieri si sarebbero levati in un coro di sdegno. Siccome ora il potere ce l’avete lei e Bettin, allora tutti zitti, che l’alternativa per molti è la disoccupazione. Verrà un giorno in cui tutto questo arrogante modo da oligarca di fare e disporre finirà. Spero che quel giorno sia il 12 giugno. Non tifo Francesco Peghin, che non voterò, tifo per una Padova più democratica e meno concentrata su appalti e schèi. Che quelli non puzzano, ma un certo modo di fare certamente sì.

Alberto Gottardo