Le cooperative sociali del Veneto soffrono la crisi ma mantengono anche a costo di grandi sacrifici invariata l’occupazione. A dirlo è il secondo Rapporto sulla cooperazione sociale in Veneto: una ricognizione e un’analisi sui processi d’innovazione nelle cooperative di tipo B, realizzate da Fondazione Nord Est, Cooperativa Solidarietà, Cooperativa Co.Ge.S e Consorzio Rebus. Scorrendo i dati consuntivi del rapporto si evidenzia come esista una stabilità per il fatturato presso il 31,3% del campione, contro un decremento per il 35,5% (30,4% il dato di chi prevedeva una flessione nel 2010). Gli ordini 2011 sono stabili per il 33,9% (32,0% il dato 2010) e mentre l’occupazione indica stabilità nel 48,6% dei casi, attesta una crescita per il 25,7% degli intervistati, percentuale pari al dato di flessione.
Ciò nonostante, le cooperative intervistate appaiono ancora capaci di approntare strategie di risposta non penalizzanti per i propri addetti, incontrando quella “necessità inclusiva” che le contraddistingue nell’attività con i soggetti in situazioni di svantaggio. Va detto, tuttavia, che non si può non cogliere un piccolo segnale di allarme nelle scelte di utilizzo, da parte delle cooperative, di strumenti di riduzione degli organici quali il licenziamento (15,1%), la collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria (14,6%) e gli inserimenti in mobilità (2,7%).
Oltre la metà del fatturato delle cooperative sociali venete è prodotta dall’ente pubblico (53,3%, rispetto al 55,1% del 2011), un valore quasi doppio rispetto a quello generato dagli “altri soggetti privati” (28,5%) e quasi triplo rispetto alla percentuale di profitti realizzati da “aziende non cooperative” (18,2%).
Come nel 2010, anche nel 2011 le cooperative più esposte sottendono una caratteristica di fondo: quelle più piccole e meno strutturate risentono in misura maggiore del peggioramento della situazione economico-finanziaria.