Coprifuoco per i negozi etnici in zona stazione: l’Ascom Padova critica aspramente l’amministrazione comunale di Massimo Bitonci

 

“Leggere che la zona della stazione è “l’area del coprifuoco” non credo possa rappresentare un gran biglietto da visita”.
Si interroga Patrizio Bertin, presidente dell’Ascom Confcommercio di Padova, sul nuovo provvedimento dell’amministrazione comunale che chiude i locali etnici alle 20 ed i bar e i ristoranti alle 22 in un’area che dalla stazione arriva fino a via Trieste.
“Il messaggio che stiamo trasmettendo al mondo – continua il presidente dell’Ascom – è che Padova è la città dell’insicurezza e dei divieti. E, come sempre accade, per tutte le situazioni che hanno che fare con le negatività, sono messaggi destinati a rimanere nel tempo. Un esempio per tutti: stiamo ancora scontando (e sono passati poco meno di dieci anni) il ritorno negativo del “muro di via Anelli”. Capisco che le emergenze sono quelle che dettano l’agenda, ma l’emergenza non può diventare la normalità. Se vogliamo che venire a Padova sia un piacere, abbiamo l’obbligo di pensare alle scelte strategiche che devono fare della nostra città un luogo dove i cittadini si sentono orgogliosi, dove i turisti si sentono gratificati e dove le imprese decidono di investire”.
Scelte strategiche che vanno fatte adesso in presenza di quei segnali di ripresa non ancora robusti sul piano “micro”, ma già significativi su quello “macro”.
“Così – continua Bertin – come diciamo al governo centrale che non può perdere l’occasione per migliorare gli aspetti strutturali tagliando le tasse (oggi il nostro tax rate, cioè il complessivo di tassazione diretta, indiretta, contributi, ecc. è pari al 68% contro il 47% della Germania) riducendo il debito e favorendo l’occupazione, così diciamo all’amministrazione comunale di Padova (che lodevolmente le tasse sui negozi le ha abbassate) che la ripartenza della città passa attraverso le scelte strategiche che sono le scelte infrastrutturali (centro congressi, ospedale, distretti del commercio) e che non passa di certo attraverso provvedimenti quotidiani senza un filo logico che relegano Padova nello scomodo ruolo di città perennemente ostaggio dell’emergenza”.
Come negli anni ’60 i manifesti col faccione di Richard Nixon chiedevano agli elettori americani “Comprereste un’auto usata da quest’uomo?”, oggi Bertin si chiede: “I marchi del lusso e comunque le imprese, di fronte ad una Padova dove c’è il “coprifuoco”, come possono decidere di investire da noi?”
Eppure i “fondamentali” sarebbero corretti: Santo, Prato della Valle, Università, Pedrocchi, Palazzo della Ragione, piazze, Scrovegni, tradizione commerciale, lunga teoria di negozi, portici, ma anche Portello e mura.
“Invece – aggiunge il presidente dell’Ascom – al posto di farne dei “plus”, in taluni casi facciamo di tutto per farne dei problemi. Lo spritz, che è diventato un “rito” universalmente conosciuto, dovrebbe essere un nostro vantaggio competitivo, invece finisce per essere un problema solo di ordine pubblico anche perché Navigli e Bastioni non vengono pensati come a luoghi vivibili durante l’intero arco della giornata, ma solo a luoghi dove la notte, proprio perché decentrati, le regole sono blande”. Cosa vuol fare, dunque, “da grande” questa amministrazione?
“Il Comune – conclude Bertin – deve saper guardare anche un po’ più in là dell’emergenza. Per questo deve confrontarsi con chi, come l’Ascom e come altre importanti strutture cittadine, da decenni lavora per lo sviluppo della città, per renderla più accogliente, per farne un “must” del turismo mondiale. E non è certo creando il deserto alle 10 di sera dalla stazione e per centinaia di metri verso il centro che si incentiva il visitatore a scegliere Padova come propria destinazione”.