Ha suscitato molto interesse e dibattito uno studio recentemente pubblicato e ripreso da numerose testate giornalistiche secondo il quale i maschi sarebbero più colpiti dal COVID-19 rispetto alle femmine a causa del possibile accumulo del virus SARS-Cov2 a livello testicolare. Questa notizia ha ulteriormente preoccupato il genere maschile, che risulta essere di gran lunga più suscettibile a questa patologia. Il gruppo di studio della unità di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Università di Padova diretto dal prof. Carlo Foresta e composto da ricercatori di espressione multidisciplinare ha dibattuto questa problematica, concordando sulle seguenti considerazioni.
- La proteina ACE2, presente a livello polmonare e bersaglio del virus SARS-Cov2, è espressa anche a livello testicolare, dove interviene nel processo di produzione di spermatozoi e di ormoni sessuali maschili, pertanto è possibile ipotizzare che il virus SARS-Cov2 possa riconoscere il testicolo come organo bersaglio. Tuttavia le evidenze ad oggi disponibili sembrano non supportare tale ipotesi, in quanto studi su uomini positivi non hanno rilevato il virus né a livello del liquido seminale né nel testicolo. D’altra parte il virus potrebbe raggiungere i testicoli solo attraverso la circolazione sanguigna, ma ad oggi non è riportata presenza di virus nel sangue. Allo stato attuale queste informazioni dovrebbero tranquillizzare circa la possibilità di un coinvolgimento testicolare nell’infezione.
- L’evidenza di una maggior frequenza e severità dell’infezione nell’uomo rispetto alla donna, con conseguente aumento della letalità, può essere messa in relazione al ruolo del testosterone nella manifestazione clinica. L’infezione da COVID-19 si sviluppa sostanzialmente nel polmone dove è fortemente espressa la proteina ACE2 che riconosce la struttura del virus. Tuttavia, la penetrazione del virus nella cellula polmonare, e quindi l’infezione, avviene per effetto di un enzima (TMRPSS2) che è regolato positivamente dal testosterone. Nelle donne, la mancanza del testosterone potrebbe quindi limitare l’ingresso del virus nelle cellule polmonari, l’infezione e le sue conseguenze.
- Il massivo legame del virus alla proteina ACE2 che lo riconosce, ne riduce la quantità disponibile non legata dal virus, riducendo quindi le funzioni fisiologiche ad essa associate. Normalmente la proteina ACE2 partecipa della regolazione della pressione sanguigna, e la sua riduzione comporta un aumento di pressione. I livelli di questa proteina sono aumentati nella donna, poiché gli ormoni femminili ne stimolano la produzione. Pertanto la maggior presenza di ACE2 dovuta agli estrogeni è un fattore protettivo per le manifestazioni cliniche dovute all’infezione virale nelle donne.
- La minore suscettibilità di importanti manifestazioni cliniche nelle donne può essere anche associata ad una condizione genetica, poiché il gene che codifica per la proteina ACE2 è localizzato sul cromosoma sessuale X. Nelle donne, la presenza di due cromosomi X prefigura una maggior espressione di questo gene.
Tutte queste considerazioni supportano una differenza di genere nell’approccio clinico e soprattutto terapeutico all’infezione da Covid-19.
Prof. Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia
Dr. Luca De Toni, farmacologo
Dr.ssa Manuela Rocca, genetista
Dr. Andrea Di Nisio, biologo
Dr.ssa Iva Sabovic, biotecnologa