Diritto di cronaca, fans e senso del ridicolo in una città distratta

 

A orari certi, identificati, parrebbe addirittura su invito del capo dell’ufficio stampa. E’ questo il mondo ideale che Massimo Bitonci ed i suoi stretti collaboratori si stanno costruendo attorno. Un mondo ideale per loro, in cui i giornalisti non fanno domande, ma reggono microfoni. In cui si può ostracizzare (è già successo) cronisti dalle conferenze stampa post giunta perchè rei di aver scritto un articolo scomodo che non era piaciuto al capo.  Non vedo esponenti, per fare un esempio, delle categorie economiche, di solito molto solerti a commentare questo e quello, alzare un sopracciglio. Solo la CGIL con Christian Ferrari ha fatto pervenire una dura posizione sull’accaduto. Silenzio assoluto, almeno a quanto consta a chi scrive, da parte di Confindustria, Camera di commercio e le associazioni dei commercianti (orfane per altro del dialogo con il vice sindaco a cui è stata tolta la specifica delega). 

Al sindaco non interessa avere qualche intervista in meno o qualche articolo un po’ più arcicno del solito: lui non parla di elettori, ma di fans, non so se qualcuno ci ha mai fatto caso. Ed i fans, diventano spesso ultras, sordi e ciechi a qualsiasi prevaricazione, fin che la barca va. 

Eppure dovrebbero preoccuparsi perchè cacciare i giornalisti dal municipio serve soprattutto perchè tutto ciò che vi avviene sia di difficile conoscibilità. Congentarne la presenza allo stretto indispansabile e con preavviso, costerà carissimo ad una città che ha avuto, specie nei giornali locali, un pungolo per l’amministrazione comunale. Un pungolo che dà fastidio, che fa arrabbiare a volte per un titolo furbo e una locandina al limite dello sberleffo. Conosco bene quanto forti possano essere gli attriti che rischiano di crearsi tra i giornalisti che rappresentano i fatti e chi quella rappresentazione la subisce. Per un anno ho svolto, credo con rispetto di entrambe le parti, il ruolo di cuscinetto tra il mondo dell’informazione e quello della politica comunale. Non ho mai lasciato un giornalista fuori dalla porta. Lo avessi fatto me ne sarei vergognato tantissimo. Qualche collega ha usato furbescamente qualche telefonata origliata nel mio ufficio, altri mi hanno insultato pesantemente sapendo che, visto il ruolo che ricoprivo, non avrei potuto reagire. Ho visto, da un’altra ottica, il bene e il male che si può fare nel mestiere che ho svolto con tanta passione per un bel pezzo della mia vita. E per rispetto a quel mestiere, dopo aver lavorato al fianco di Ivo Rossi, non mi sono ributtato nella mischia nella cronaca locale, perchè credo che non sarei credibile. Con lo stesso rigore, credo di poter dire questa volta sì con credibilità, che il municipio è un posto un bel po’ meno trasparente di quanto lo fosse per gli amici giornalisti, tra il giugno 2013 e il giugno del 2014. E dietro quella opacità, anche alla luce delle inchieste giudiziarie aperte su appalti piccoli e grandi, rischia di annidarsi parecchio malaffare. Altro che badge e orari. Qui in gioco c’è la legalità oltre al diritto di cronaca. 

Alberto Gottardo