Dopo 5 giorni appassionanti Jacopo Silva racconta l’ultimo capitolo del viaggio in Terrasanta

 

Sobi è un cattolico palestinese, coordina l’organizzazione del nostro tour. Con fatica ha creato una azienda che dà lavoro a tanta gente, è partito promuovendo l’artigianato locale del legno. Portava in Italia rosari in legno e poi ha iniziato con i viaggi qui.
La disoccupazione è altissima per i palestinesi, superiore al 40% in certe zone, senza lavoro non ci sarà mai pace.
Sobi è una persona preziosa, e per il nostro giro ci siamo affidati a organizzatori locali. Così i soldi che ognuno di noi ha pagato per il viaggio contribuiranno a sostenere una delle poche imprese qui.
Ieri, ultima sera, gli chiediamo di raccontarci la sua esperienza e con parole toccanti ci parla della sua vita. Sin da quando non conoscendo ancora le leggi italiane si presentò in aeroporto a Milano con otto valigie cariche di rosari e altri oggetti in legno!
La sua azienda ha organizzato tutto il viaggio in modo perfetto.
Oggi lasciamo l’albergo e andiamo ad Haifa. Un grande porto industriale sotto il monte Carmelo, noto nella Bibbia perché qui predicò il profeta Elia. Gli israeliani dicono che a Gerusalemme si prega, a Tel Aviv ci si diverte e ad Haifa… si lavora!
Poi siamo a pranzo in un Kibbutz. Una azienda agricola con la vita condivisa in comunità, e metodi socialisti nella organizzazione. I Kibbutz in Israele sono stati un mito per i giovani di tutto il mondo negli anni ’70, sembravano dimostrare che il socialismo è possibile. Poi il muro è caduto e anche i Kibbutz sono in crisi, mi spiegano che economicamente in difficoltà e non trovano più famiglie che vi si trasferiscano. E i più giovani di oggi in Italia, non sanno più nemmeno cosa sia un Kibbutz!
Andiamo poi verso l’aeroporto, in bus Pieruz sfodera una voce potente, forte delle sue origini cadorine, e trascina tutti in cori di montagna.
“La montanara Uè, si sente cantare” e “il mazzolin di fiori”… Ma fuori c’è il mare blu di Cesarea e il deserto di sabbia. Non importa, la simpatia dei veneti in gita è travolgente!
In aeroporto a Tel Aviv i controlli sono lunghissimi, qui i bagagli vengono scientificamente aperti e ispezionati uno a uno davanti al proprietario.
Arriviamo a Bergamo, qui c’è tanta neve ma è tutto regolare. Come sempre bisogna presentare il passaporto quando si arriva. Ma questa volta a Bergamo non hanno aperto una corsia separata per i cittadini italiani che rientrano. E così ci troviamo in coda con centinaia di albanesi appena sbarcati con un volo da Tirana. Sono tutti perfettamente in regola ma per loro giustamente i controlli sono lunghi e precisi, uno a uno, permesso, documenti, quanto si ferma, perché è qui. La sala di attesa si riempie, fa molto caldo, è davvero una lunga coda. Utile lezione di umiltà, per capire come è arrivare in Italia da stranieri. Utile ma… non esageriamo, finalmente invitano i cittadini italiani a passare avanti.
Accendo il telefono e tanti amici italiani, le mie sorelle, mi chiamano per sentire se va tutto bene. Mi chiedono se sono sempre io, l’amico di sempre. Certamente sì ma, come dopo ogni viaggio importante, dentro c’è qualcosa in più.
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