Non era facile. Eppure Matteo Renzi ce l’ha fatta. Con la robusta collaborzione della macchina organizzativa del Pd padovano e veneto l’ex antagonista di Pier Luigi Bersani è riuscito in una sorta di impresa, significativa in una campagna elettorale fredda in tutti i sensi e mediaticissima. Ha riempito piazza delle Erbe. Non fitta fitta come con Beppe Grillo, diranno i grillini, ed hanno ragione. C’era meno congestione sotto i portici, più “aria” nelle ultime file. Ma è anche vero che Renzi ha iniziato a parlare quando ormai erano le 22 e contemporaneamente c’erano il Milan che giocava e il festival di Sanremo. Insomma, Beppe Grillo avrà fatto duemila persone in più abbondanti, ma se i quotidiani all’indomani dello show indicavano in 7000 i presenti in piazza con Grillo, fatta la stessa proporzione, quelli del Pd dovrebbero essere stati tra i 4 ed i 5 mila. Mica pochi. Renzi ha sciorinato dal palco tutto il suo repertorio di immaginifichi parallelismi, di parole d’ordine “dobbiamo inseguire il voto umile” la migliore, contrapposta al voto utile. Ed ha galvanizzato anche quella parte del partito che fino a cinque mesi fa, sembra passato un secolo, lo vedeva come fumo negli occhi. “Possiamo farcela, siamo lì, occorre crederci perchè c’è ancora un 17% di indecisi – spiegava ai suoi dietro al palco fin che sul palco parlavano Flavio Znonato e Fedrico Ossari – questa settimana possiamo ancora recuperare tanto”. Segno che il sorpasso, magari non è proprio ad un soffio, come ha detto il sindaco di Padova Flavio Zanonato, ma magari è ancora ipotizzabile, in una terra, il Veneto, che è passata da sagrestia d’Italia ai tempi della Democrazia cristiana a feudo Pdl – Lega. Difficile dire se al Senato la coalizione di centrosinistra impensierirà Pdl + Lega. Ma certo dopo ieri sera a Padova i fedelissimi del Pd hanno un motivo in più per sperarlo. Hanno almeno pareggiato contro l’altro avversario, che non è nemmeno Beppe Grillo, m è la paura di vincere.
Alberto Gottardo