In queste settimane di viaggio nella città ho ascoltato tantissimi padovani, ascoltato le loro preoccupazioni, quello che vogliono e desiderano per la loro città. La maggior parte di loro, come per altro anch’io, sono cittadini appassionati e informati più che persone troppo dentro alla politica e alle sue complessità, che a volte sono ben poco comprensibili. Quella che traggo è una conclusione piuttosto semplice: guai a noi se ci dimentichiamo perché siamo qua, guai a noi se ci scordiamo che tutto quello che facciamo e faremo è per Padova e per il suo futuro. Se mi sono candidato è perché penso che chi è venuto prima ha fatto danni gravi, dividendo la città, consegnandola a una prospettiva rassegnata, più povera, più insicura sotto ogni punto di vista. In poche parole un domani senza speranza. È tutto semplice: qui io ci sono nato e non ho nessuna intenzione di rassegnarmi, io non ci sto. Ascolto tutti, parlo con tutti, mi piace lavorare in squadra, è il mio metodo e lo rispetterò. Ma anche la chiarezza è una cosa a cui non rinuncerò mai, ho solo una parola e quella è. L’ho detto fin da quando è partita questa corsa, io sono una figura civica, il mio partito è Padova e Padova deve essere il nostro obiettivo. Fin da subito ho chiarito le condizioni con le quali mi mettevo in gioco per vincere assieme a chi avrebbe voluto dar forza a un progetto positivo. Non l’ho chiarito ai partiti e ai vari interlocutori che pure rispetto profondamente, ma all’intera città, a tutti i padovani. Come se li avessi guardati in faccia ad uno ad uno. Quelle condizioni restano, non sono ne saranno oggetto di scambi e trattative. Questo non per testardaggine mia, ma per puro buon senso e soprattutto perché dobbiamo salvare Padova da una situazione grave, facendone una comunità finalmente solida, unita e riportandola dove merita di stare. Chi come me si assume questo genere di responsabilità deve anche saper decidere e deve indicare una via in maniera chiara e senza farsi tirare la giacchetta. L’ho detto da subito: la strada è unire chiunque sia disponibile a rimboccarsi le maniche per uscire da un’emergenza in cui siamo finiti, perché non possiamo permetterci che i distinguo e una sterile gara a chi è più “duro e puro” possa compromettere questo percorso. Non ce lo possiamo permettere.
Lo dico con chiarezza, ogni singola persona, ogni gruppo, ogni forza che ha avuto il coraggio di unirsi, spendersi e rischiare in proprio a vario titolo per superare la fase buia della guida Bitonci per me è una risorsa che può unirsi a noi nel costruire un progetto solido e comune. Compresi quelli che dopo essere stati con lui hanno poi combattuto con azioni e parole che a tutti sono apparse chiarissime. Loro e anche le persone che sono con loro, nessuno escluso. Ora con molta concretezza dobbiamo unire guardando avanti perché la città viene prima. I veti? Semplicemente non esistono, non ci sono, non c’è discussione. Cosa diremo ai cittadini sotto le elezioni? Magari a quelli che la scorsa volta hanno votato Bitonci e oggi sono in cerca di qualcosa di migliore e ci vogliono dare fiducia? Che il loro consenso e la loro collaborazione ci fanno schifo? Che mettiamo il veto al loro voto? No signori, questo non è il modo per fare il bene di Padova.
Agli amici di Coalizione Civica, voglio dire che li ho ascoltati, li rispetto, ma non accetto il fatto che si sia detto a delle persone che sono indesiderate, che se ne devono andare. Con dei paletti, condizioni e liste di cognomi che potrebbero suonare come marchi di infamia quando ben altri sono i problemi che siamo chiamati a risolvere, quello che ci chiede il padovano normale, quello che all’Arcella o alla Guizza le persone chiedono finalmente alla politica e a chi si spende per il governo di tutti. Purtroppo il danno è grave, perché in una squadra il clima non va mai rovinato, altrimenti si perde, non si può lavorare bene quando qualcuno si sente escluso da altri, additato quasi come se dovesse vergognarsi di voler dare un aiuto. Non ci siamo. Così come mi fa molto preoccupare il fatto che qualcuno consideri me e non Bitonci il nemico da battere, pregiudicando l’idea di una squadra che dovrebbe marciare assieme. E lo stesso vale per i giudizi espressi su alcune delle forze politiche che si sono dette disponibili a sostenermi. L’amicizia e il rispetto devono tradursi in sentire comune, sempre, sennò ci si limita a una bella finzione poco utile a produrre fatti e questo l’abbiamo visto anche con l’esperienza Bitonci deflagrata per le lotte interne e la mancanza di governabilità. Per giocare una partita assieme, qualsiasi essa sia, serve preservare il campo da gioco, non lo si può bombardare prima. Su tutto questo sono molto deciso, anche se non mi sottrarrò al dialogo. Ora una sola cosa è certa: Bitonci è già partito e io sento con forza l’esigenza di andare subito in tutti i quartieri, le piazze e le vie della città per portare un messaggio di cambiamento ai padovani. In questa sfida sarò in campo fino all’ultimo giorno con tutti quelli che cercano come me un progetto inclusivo perché Padova finalmente può cambiare.
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