Dal consigliere comunale del Partito Democratico Enrico Beda riceviamo e pubblichiamo una analisi sulla mobilità urbana e la qualità della vita alla luce dei tagli alle corse degli autobus nei quartieri di Padova.
I disagi dovuti ai nuovi percorsi e orari degli autobus e le proteste di migliaia di cittadini hanno scoperchiato il vaso alle politiche sulla mobilità dell’amministrazione Bitonci e hanno messo in luce uno dei bisogni primari che ogni comunità ha: muoversi.
È un bisogno che coinvolge tutti in maniera trasversale. Si muovono gli studenti per andare a scuola e all’Università, si muovono gli anziani per raggiungere i luoghi di cura, si muovono le famiglie, si muovono i lavoratori per recarsi al lavoro. Così come per altri bisogni primari, anche la mobilità incide inesorabilmente nella qualità della vita di ognuno di noi.
Si tratta quindi di un argomento da affrontare usando intelligenza e visione, provando a raggiungere un punto di incontro soddisfacente tra le esigenze dei cittadini e la sostenibilità dei servizi di trasporto, in un’ottica di efficacia ed efficienza, provando a studiare le buone pratiche già sperimentate con successo in Italia e in Europa.
Di fronte a tutto questo, in un anno e mezzo di amministrazione Bitonci, Padova ha fatto non uno, ma cento passi indietro. Per un motivo banale ma evidente: si è preferito dar sfogo liberamente all’utilizzo dell’automobile privata, piuttosto che intervenire strategicamente su un piano di mobilità pubblica, moderna e sostenibile. Lo si è praticato con scelte politiche precise che, a lungo andare, rovinano il futuro di una città e dei suoi abitanti.
La vicenda degli bus ci dimostra come l’amministrazione abbia approvato senza battere ciglio il piano sottoposto in chiave tecnica da BusItalia. Avrebbe potuto intervenire segnalando criticità, ponendo questioni di merito sulle esigenze dei quartieri e dei cittadini, correggendo alcune scelte insensate. Avrebbe potuto, di fronte a difficoltà dell’azienda, decidere di operare un proprio stanziamento per far fronte a esigenze imprescindibili. Ma per fare questo, è necessario conoscere Padova e i padovani.
E poi, ancora: aver buttato nel water 56 milioni di euro già finanziati dal Governo per la seconda linea del tram (dov’è finito il filobus tanto promesso?), ci mette di fronte ad una posizione politica chiarissima: il trasporto pubblico è un fardello e le ripicche elettorali hanno più importanza dei bisogni della comunità.
C’è di più. Con fatica e lungimiranza, a Padova era stato costruito un servizio efficiente di bike e car sharing – molto utilizzato da studenti e lavoratori – che negli anni veniva implementato, grazie all’installazione di nuove postazioni in centro storico e nei quartieri. Questa crescita progressiva si è bruscamente fermata, anzi, è addirittura arretrata: in un anno e mezzo abbiamo perso un paio di postazioni senza che ne venisse aggiunta alcuna.
Se la scusa è che “mancano i soldi”, non si capisce quale sia la ragione che ha portato Bitonci a togliere, lo scorso inverno, 112.000 (centododicimila) multe per eccesso di velocità in tangenziale che avrebbero potuto portare nelle casse pubbliche circa 5 di milioni di euro. Se a queste scelte aggiungiamo anche la costruzioni di alcuni parcheggi dove prima sorgevano piste ciclabili o l’apertura di alcuni varchi ztl alle automobili, il quadro diventa sempre più chiaro. Anzi, oscuro, dipende dai punti di vista.
Ecco perché, se ogni giorno perdiamo ore delle nostre giornate imbottigliati nel traffico, un motivo c’è, eccome. È la mancanza di progettazione, è la leggerezza con cui vengono prese alcune scelte strategiche, è il provincialismo con cui viene affrontato il futuro della nostra città e in particolare della classe media e delle categorie più fragili. Con buona pace di chi a Padova abita e vive, ogni giorno.
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