Pentito, forse, del muro di lamiere che ha fatto diventare il quartiere di via Anelli il caso mediatico del’estate del 2006. Ma anche orgoglioso di aver risolto alla radice quel dannato bubbone fatto di un impasto micidiale di emergenza abitativa, speculazione immobiliare e spaccio di droga. Sbrogliato dal sindaco dal piglio da prefetto, che proprio lì si è ritagliato l’inizio della sua fortuna di politico a livello nazionale.
«Il muro? Serviva una barriera e abbiamo messo quelle lamiere. Sarebbe stato meglio una rete robusta». spiega Flavio Zanonato in una intervista sul numero in edicola oggi sul Mattino di Padova, da europarlamentare, ogni tanto ancora oggi incontra qualcuno a Bruxelles che al fatto che è padovano risponde con: «Ah Padova, via Anelli, il muro» racconta nell‘intervista Claudio Malfitano. Spesso senza sapere – continua l’intervista – che l’artefice di quel muro è proprio lui. Ma è anche l’artefice della più grande operazione di svuotamento e “bonifica” di un’area degradata del Veneto e probabilmente di tutta Italia. Zanonato, cosa ne pensa dell’idea di Giordani di realizzare lì la nuova questura?«Se riesce a ottenere la Prandina e realizzare lì la Questura è un’operazione brillante. Sarei molto contento perché sarebbe importante per il quartiere».Lei è riuscito a svuotare quello che era considerato il Bronx. Ma non a risanarlo.«Mi sono sempre scontrato con l’ostinazione dei proprietari che pretendono cifre fuori mercato per vendere i loro appartamenti».E l’esproprio?«Serve un progetto pubblico e una perizia. E poi ci si espone agli eventuali ricorsi. Spero davvero che Giordani ci riesca». Lei come è riuscito a svuotare le sei palazzine?«Siamo partiti da quella con meno appartamenti per sperimentare. Con un’ordinanza di chiusura degli alloggi perché in condizioni igieniche che li rendevano non abitabili. I proprietari avrebbero potuto opporsi risanando i locali, ma se ne sono ben guardati. Anche se affittavano a prezzi ben remunerativi». Ma non potevate lasciare gli affittuari in mezzo alla strada.«Erano solo famiglie. Le abbiamo trasferite tutte. A parte gli abusivi, che se ne sono dovuti andare via».Ha trovato ostacoli politici?«C’è stata una grande collaborazione da parte di Ater e Regione. Allora l’assessore regionale alla casa era Giorgetti di An, che faceva il cattivo a parole ma poi ha sempre dato una mano. Abbiamo trovato le case senza mai sacrificare le graduatorie».
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