Giorno della memopria a Padova: il discorso di Ivo Rossi

 

Oggi anche a Padova come in tutta Italia sono state ricordate le vittime delle Foibe. In rappresentanza del Comune di Padova ha parlato dal palco delle autorità il vice sindaco Ivo Rossi. Questo il discorso pronunciato di fronte al municipio: “Nove anni fa i Parlamento Italiano sentiva finalmente il dovere, dopo decenni di oblio e di assordante silenzio, di istituire con legge il Giorno del Ricordo. E per la nona volta ci troviamo insieme per ricordare la tragedia delle vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre di migliaia di istriani, fiumani e dalmati, ci ritroviamo per ricordare ciò che accade in quel secondo dopoguerra, che doveva essere di pace e che invece sì rivelò drammatico per quanto accadeva sul confine orientale. Ci ritroviamo a ricordare la pulizia etnica e quella politica, i campi di concentramento e l’infoibamento di massa, che l’Europa liberata dalla guerra immaginava di aver lasciato alle sue spalle.

Ci ritroviamo per ricordare l’esodo di centinaia di migliaia di italiani costretti ad abbandonare le loro case e i loro affetti. Nove anni di momenti come questo sono ancora troppo pochi per riparare la doppia ingiustizia subita dalle vittime e dai loro familiari: non solo l’aver sofferto violenze indicibili ma essere stati privati per decenni del diritto a vedere riconosciuta e raccontata l’ingiustizia subita. Quando gli anni del ricordo avranno superato quelli dell’oblio potremmo dire di aver forse riparato ad un torto che tanti nostri concittadini hanno subito sulla loro pelle, già segnata da cicatrici che nessun tempo, per quanto lungo, è in grado di cancellare.

Ma non ci fermeremo neppure allora, dovremo continuare ad alimentare la memoria delle violenze dei comunisti titini e a batterci per veder riconosciuto il diritto a vivere uno accanto all’altro senza discriminazioni, per la pace, per la fratellanza tra gli uomini, per la convivenza tra popoli vicini e lontani, ci batteremo per la verità, anche quando, come in questo caso, può essere considerata scomoda per gli equilibri politici interni ed internazionali, verità che deve sempre farsi strada rispetto alle convenienze, perché solo così potremo evitare che gli orrori che hanno insanguinato il ‘900 possano tornare ad affacciarsi nell’Europa del Terzo Millennio.
Anche la storia recente, infatti, dimostra come sia illusorio ritenersi vaccinati una volta per tutte dall’infezione della violenza, degli stupri etnici, dei campi di concentramento.
Appena vent’anni fa, proprio in quei territori che furono scenario delle persecuzioni subite da tanti cittadini italiani, una guerra ferocissima ha accompagno il disfacimento dell’ex Jugoslavia, mietendo centinaia di migliaia di vittime, in particolare tra i civili e con una ferocia particolare rivolta alle donne e perfino ai bambini.

Ricordando gli stupri etnici degli anni ’90 al di là dell’Adriatico, la mente non può non andare alla vicenda di Norma Cossetto, la giovane studentessa istriana che, per non aver rinunciato alle proprie idee e non aver accettato di collaborare con i suoi carcerieri, nel settembre del 1943 è stata violenta, torturata e infoibata.
Sono proprio le vicende più recenti che restituiscono il senso di questa giornata. Non una celebrazione, dunque, ma un richiamo a vigilare e a interrogare continuamente le nostre coscienze e a chiederci se potevamo fare di più per evitare stragi come quelle perpetrate vent’anni fa sull’altra sponda dell’Adriatico.
Non possiamo dimenticare che la tragedia dell’ex Jugoslavia è accaduta senza che l’Europa trovasse l’unità e il coraggio necessari per intervenire, per evitare che il massacro si consumasse, per favorire una transizione pacifica verso la democrazia.
Quella vicenda, così recente, vissuta in un’Europa che credeva di essersi vaccinata dal male, sta a ricordarci che c’è ancora tanto da fare per sconfiggere definitivamente le pulsioni più cupe che l’uomo nutre in determinati passaggi della storia del mondo.

Credo che oggi, ricordando la tragedia degli uomini e delle donne dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, assumiamo tutti un impegno: continuare a coltivare la memoria e battersi per il rispetto dei diritti umani è un dovere irrinunciabile fintanto che, in qualunque parte del mondo, ci siano popoli che soffrono condizioni di vita insopportabili, soprusi, fame, angherie di ogni tipo.

Come ho già detto, le vittime che oggi ricordiamo subirono una doppia ingiustizia, una per mano dei loro carnefici, una seconda per non essere stati accolti e sostenuti come meritavano dal loro Paese che, per una serie di ragioni complesse da ripercorrere in questo breve intervento, preferì voltarsi dall’altra parte anziché occuparsi di loro.

C’è voluto tanto tempo perché a questa ingiustificabile mancanza fosse posto rimedio, e con le celebrazioni di oggi aggiungiamo un piccolo ma significativo tassello al mosaico capace di tenere insieme memoria, rispetto e solidarietà.
Consentitemi un’ultima considerazione sul periodo difficile che stiamo attraversando. La crisi economica è sempre fonte di chiusura, di diffidenza, di tensione e quasi sempre, in passato, ha determinato conflitti.
Almeno questa lezione, dalla storia, dovremmo averla imparata. Solo un’Europa unita, dove i confini non siano muri ma ponti, può tornare a crescere e a vincere la sfida del benessere e della giustizia sociale.

Questo vale per i nostri confini orientali, al di là dei quali sono diversi i Paese che vogliono entrare nell’Europa, e per i confini settentrionali, dove invece ci sono meno problemi che qui da noi e dove qualcuno ci guarda con diffidenza, come un problema e non come un’opportunità per il Vecchio Continente.
E’ l’Europa il nostro orizzonte, e sono i popoli europei fratelli del popolo italiano. Se sapremo unirci e non commettere gli errori del passato, potremo preparare tempi migliori per tutti”.

 

Ivo Rossi