La Diocesi di Padova risponde con una nota al blitz pubblicizzato su facebook e poi sui media dal sindaco Massimo Bitonci e dall’assessore Maurizio Saia alle Cucine economiche e popolari. La mensa dei poveri, fondata a fine ‘800 per andare incontro alle persone che non avevano mezzi di sostentamento, accoglie tradizionalmente chiunque si presenti alla sua porta. Sindaco e assessore hanno parlato con suor Lia assieme al comandante della polizia municipale Antonio Paolocci Clicca qui per leggere il racconto della “visita” dei due politici alla mensa dei poveri
Qui di seguito la riflessione della Diocesi sulla vicenda
Notizie diffuse dai giornali in questi giorni ci inducono a intervenire sulle Cucine Economiche Popolari. Esse sono proprietà della Diocesi di Padova, da cento anni a questa parte, sede di un’opera caritativa della Diocesi, affidata nella gestione alle suore Elisabettine, che quotidianamente distribuisce circa 500 pasti tra pranzo e cena e alcuni servizi accessori: docce, distribuzione del vestiario, servizio medico, segretariato sociale, assistenza legale.
Negli anni è cambiato il panorama dell’utenza, tanto che attualmente il 30-40 per cento delle persone che vi si rivolge è di nazionalità italiana, in molti casi sono persone piegate dalle conseguenze della crisi economica (perdita di lavoro, disoccupazione prolungata…), o da disavventure familiari.
La Chiesa di Padova considera suo dovere e privilegio mantenere generosamente questo servizio per le persone in risposta a un bisogno primario: il cibo.
In via Tommaseo le Cucine sono sempre state una presenza qualificata e pacifica all’interno di un quartiere significativo di Padova, per quanto delicato per la sua vicinanza a un luogo di transito e di passaggio quale è la stazione ferroviaria, che – come del resto in ogni altra grande città – porta con sé presenze a volte difficili da gestire e su cui sono chiamate a vigilare le autorità competenti. Se in città si notano degrado e insicurezza ciò non è causato certamente dalle Cucine; esse anzi sono un ammortizzatore di molti drammi sociali.
Assieme a tante altre opere di assistenza e di promozione umana della comunità cristiana, le Cucine Economiche Popolari sono una dimensione della carità, a volte la più difficile da esercitare perché non chiede dichiarazioni di appartenenza; e alla carità la Chiesa non vuole e non può rinunciare.
Ma le Cucine Economiche Popolari sono anche l’espressione di una città – Padova – che, pur nelle normali contraddizioni della convivenza civile, ha un volto accogliente e un animo generoso. Una città che non teme il dialogo e non nasconde i disagi.
La Chiesa di Padova rimane sempre disponibile al dialogo e al confronto con le istituzioni civili del territorio, rispettosa delle reciproche competenze e sempre orientata al conseguimento e al mantenimento del bene comune come pure alla ricerca concordata di soluzioni ai problemi.
Le porte delle Cucine sono aperte, le regole chiare e l’accoglienza non manca.
Di fronte al bisogno primario del mangiare, che accomuna tutti, non c’è bisogno di tessere o di dichiarazioni di appartenenza: non possiamo mai discriminare i poveri e gli stranieri.
La Diocesi di Padova sente il dovere di ringraziare tutte le persone che in questa realtà lavorano – suore, in particolare suor Lia Gianesello, e personale dipendente – o prestano servizio volontario; ringrazia le realtà economiche, le istituzioni civili che le sostengono.
A quanti giudicano dall’esterno e sommariamente una realtà umanitaria di questa portata va l’invito a conoscerla di persona e a incontrare l’umanità variegata che vi transita, spesso assetata soprattutto di ascolto. La vicinanza del Natale è un’occasione propizia per gesti di umanità e per ricordare il calore di una famiglia, che per molti ha perso anche il senso del ricordo.
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