Non lo so perchè, ma tutti gli amici che ho che si chiamano Mario parlano con solennità, sono persone sagge e sincere, e sono dei grandi intenditori del cibo, delle donne, del vino e della vita, che poi alla fine è la stessa cosa.
Mario del Bacareto San Pietro è così. Ed averlo ritrovato dietro al bancone del bar spuncioneria, ristorantino, enoteca o come diavolo va definito, non mi ha fatto per niente strano, anche se il Mario che conoscevo io, fino a qualche anno fa, faceva un altro mestiere. Ha fatto la scelta giusta: mi dice che è da un anno che il Bacareto San Pietro è aperto. Sembra una bugia. Sembra che sia sempre stato lì, e che Mario non abbia fatto null’altro che fare l’oste, mestiere in Veneto probabilmente tanto spirituale quanto fare il prete o la mamma. Quella di Mario è una vocazione adulta dell’arte del mescere vino, fare una carezza con le parole, ristorare l’anima attraverso l’esofago. Perchè da Mario non gli ordini un trammezzino e una coca, 4 euro, grazie. Il tramezzino e la coca Mario non ce l’ha.
Quando sono arrivato l’altro giorno aspettavo un vecchio amico che come Cristoforo Colombo ha trovato il Nuovo mondo a Santo Domingo (ma questa è un’altra storia). Sono rimasto in piedi davanti alla vetrina un po’ imbambolato: non mi aspettavo di trovare Mario lì, e non mi aspettavo di trovare un posto così, ancora aperto. Ha i ripiani di marmo, la vetrinetta, le mattonelle sotto lo specchio ed ancora il rubinetto a metà col becco lungo. E di fronte al bancone ea “toea” da casa, quella con le gambe che sembrano tacchi a spillo e il cassetto per le posate al centro, che lo alzi con le ginocchia quando le accavalli sotto ea “toea”. E questo era quello che vedevo da fuori, e già mi sembrava un miracolo. A Padova quando ero piccolino piccolino di locali così in zona Duomo era pieno, mi dicono.
Erano posti dove potevi mangiare il riso e bisi (che non è il risotto coi piselli, dio vi fulmini!), la trippa, bere un’ombra buona. Poi sono arrivati i fast food tipo il Master o peggio, i schèi e i suv, gli spritz e gli apericena. Adesso il cerchio si è chiuso; ed io a sapere che c’è un posto così, con uno come Mario a raccontarti che i pomodori li fa lui, che le sarde dalla settimana prossima quasi quasi le fa lasciandogli dentro la lisca (come vanno fatte, che non sono mica bastoncini findus), e che il Versacinto rosso, sì ce l’ha, ma assaggia questa Corvina veronese … sono felice. Perchè mi sembra di tornare ragazzetto, e ritrovo sapori di cui forse ho anche solo sentito parlare nei racconti dei miei vecchi.
Stasera, primo ottobre, per festeggiare l’inizio del mese e dell’autunno Mario fa gli gnocchi con il sugo di zucca, i funghi e i pomodori a chilometri zero. “Li fai tu gli gnocchi?” gli ho domandato sentendomi immediatamente un mona.
Mario con severità mi ha spiegato che sì, come i pomodori dell’orto e la zucca, tipo quelle che gli ha portato Lazzaretto e che ha fatto in saòr. Perchè Lazzaretto lo conosco, e Mario lo sa. Padova era così: ci si conosceva e ci si guardava negli occhi, come fa Mario. Ci sono stato solo una volta, è solo un bar, però ne ho un pizzico di nostalgia, perchè non è solo un bar: c’è Mario, ea toea, l’anta della cucina che si apre e tu che guardi in diagonale per vedere quale sorpresa ne esce. Sono piccole cose, piccoli piaceri. Quelli che ti fanno stare bene.
Alberto Gottardo
Il Bacareto San Pietro è in via San Pietro all’angolo con via dei Livello, dietro al Verdi. Per i pignoli il numero civico è il 105. Apre dall’ora degli spritz fino a mezzanotte. Questo articolo forse farà incazzare Mario, ma allora lo faccio arrabbiare fino in fondo. Mi è venuto in mente Mirco Buso, il Traguardo e quello che doveva essere dalla Nana sotto el saeòn, quando c’era la nana. Io non ci sono stato in quegli anni. Ma ne sento ancora parlare. Doveva essere un bel posto. Come questo.