Salvatore Pirruccio non è più al suo posto, a dirigere la Casa di reclusione di Padova, un carcere complesso, ma vivo, innovativo, “umano”, un carcere che per molti aspetti può essere portato ad esempio di come la pena deve essere scontata in modo dignitoso e civile, se vogliamo davvero che la società sia più sicura.
La lettera aperta che segue, noi che da anni operiamo all’interno di questo istituto a vario titolo la vogliamo indirizzare proprio alla società, che chiede giustamente più sicurezza. Ma vogliamo anche chiedere al Ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha da poco istituito gli Stati Generali dell’esecuzione della pena per dar vita a “un nuovo modello di esecuzione penale e una migliore fisionomia del carcere, più dignitosa per chi vi lavora e per chi vi è ristretto”: PERCHE’? perché è stato “rimosso” un direttore che dirige uno dei pochi carceri che già in buona parte rispondono a questo modello?
A chi conosce e apprezza gli importanti risultati del lavoro di Salvatore Pirruccio alla guida della Casa di reclusione di Padova chiediamo di sottoscrivere l’appello che segue.
Un direttore di carcere che rispetta la Costituzione: meglio “promuoverlo per rimuoverlo”?
È un vizio del nostro Paese, questo, che non riguarda solo le carceri: se qualcosa funziona, rischia di suscitare più il fastidio che l’entusiasmo. Perché mette in luce ancora di più tutte le situazioni analoghe che invece non funzionano. In carcere poi questo succede spesso perché le cose che non funzionano sono tante, sono molte di più di quelle che funzionano.
La Casa di reclusione di Padova, con tutti i suoi non pochi problemi, però funziona, e funziona bene per lo meno per il numero di detenuti che dovrebbero esserci se non ci fosse ancora in parte il sovraffollamento. È un carcere, dove si sperimentano forme di pena “dignitose e sensate”. Qualche esempio? L’umanizzazione vera dei rapporti delle persone detenute con le famiglie, attraverso due telefonate al mese in più per tutti, la possibilità di chiamare indistintamente i telefoni fissi e cellulari autorizzati, l’uso di Skype per i colloqui, se le famiglie sono troppo lontane. E ancora, la redazione di Ristretti Orizzonti, la sperimentazione del confronto vero con la società grazie a un progetto che porta in carcere ogni anno migliaia di studenti; il coinvolgimento dei circuiti di Alta Sicurezza nelle attività; il lavoro, grazie alle cooperative sociali Giotto, Altra Città, Volontà di Sapere, Work Crossing che sperimentano, investono, accettano la sfida di produrre con qualità in un luogo considerato senza qualità per definizione; la scuola, l’istituto Parini di Camposampiero e l’Istituto Einaudi-Gramsci di Padova e un Polo Universitario che hanno permesso a tanti detenuti di completare gli studi e dare così una svolta alla propria vita; un volontariato attivo sia in carcere che nell’accoglienzasul territorio, a partire dallo “storico” Gruppo Operatori Carcerari fino a Telefono azzurro che assiste bambini e famiglie delle persone detenute durante i colloqui e, in ultimo, lo sport con una squadra, la ASD Polisportiva Pallalpiede, che partecipa al campionato di terza categoria della FIGC-LND.
Tutto questo può accadere perché le persone GIUSTE si sono incontrate, persone che avevano voglia di ridurre il più possibile i danni prodotti da un carcere solo punitivo, e con loro un direttore che non fa miracoli, ma fa semplicemente il suo mestiere con sano buon senso. Cioè non crea ostacoli a tutti quelli che hanno voglia di far funzionare il carcere non come una galera, ma come un luogo di espiazione della pena dove la vita dovrebbe assomigliare il più possibile alla vita vera. Un direttore che con umiltà, senza apparire, ha saputo assumersi tutte le sue responsabilità e fare scelte coraggiose, anche se in molti casi non sostenuto adeguatamente. Il Ministro ha recentemente affermato che bisogna decentrare, quindi spostare personale qualificato verso le carceri, è lì, in frontiera, che va rafforzata la presenza di persone capaci di sperimentare strade nuove per risolvere i problemi e rendere più umane delle carceri che oggi di umano hanno ancora poco. E invece cosa stanno facendo? Stanno parcheggiando in un Provveditorato un direttore, che ha gestito in questi anni egregiamente un carcere, dove non c’è da vergognarsi a portare in visita ospiti da altri Paesi.
I problemi sicuramente ci sono, e non pochi, per la semplice ragione che dove si mettono in campo tantissime iniziative impegnative e innovative, si possono anche fare degli errori, dove invece non si fa nulla e c’è il deserto, lì è facile mantenere un ordine apparentemente perfetto. A Padova è successo che alcuni agenti siano stati coinvolti in traffici di cellulari e droga, succede spesso che dove c’è gente privata della libertà ci sia anche chi se ne serve per i suoi traffici, una piccola parte di società marcia dentro e fuori dal carcere, a fronte di tante persone che il loro lavoro invece lo fanno con umanità e responsabilità. C’è stata una inchiesta, e ci sono state le prime condanne, ma questo cosa ha a che fare con il destino di un direttore stimato e attento a gestire il suo carcere in modo civile, umano, aperto alla società? Niente, vorremmo dire, e invece purtroppo c’entra eccome: perché in giro per l’Italia di carceri che non rispettano la Costituzione, che non permettono di scontare la pena in modo costruttivo ce ne sono tante, e i loro direttori sono saldi al loro posto da anni, e nessuno va a vedere se e come viene rispettata la legge, se e come al loro interno le persone detenute scontano la pena in modo “rabbioso”, o piuttosto in modo sensato e dignitoso, l’unico che consente davvero di prendere coscienza delle proprie responsabilità.
E invece il direttore della Casa di reclusione di Padova è stato “rimosso” e mandato al Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria.
Il personale, gli operatori, i volontari che in questi anni hanno messo l’anima, a fianco di questo direttore, per rendere il carcere più umano hanno oggi l’impressione che impegnarsi, assumersi delle responsabilità non serve a niente, non solo perché sei trattato come chi si imbosca e di responsabilità non se ne assume proprio, ma anche perché, esponendoti, rischi di essere emarginato.
Noi tutti, che operiamo nella Casa di reclusione di Padova, non abbiamo voglia di discorsi di circostanza: l’unica cosa che per noi avrebbe un senso è che ci restituissero Salvatore Pirruccio, il direttore che abbiamo imparato ad apprezzare.
Dicono che la decisione è stata presa, e nessuno tornerà indietro, ma noi diciamo che le Istituzioni, quando sono capaci di ammettere di aver fatto una scelta sbagliata, danno una prova di forza se sanno tornare indietro.
In questi mesi sono in corso gli Stati Generali dell’esecuzione della pena, che il Ministro ha voluto per avviare “un ampio e approfondito confronto che dovrà portare concretamente a definire un nuovo modello di esecuzione penale e una migliore fisionomia del carcere, più dignitosa per chi vi lavora e per chi vi è ristretto”. Al Ministro allora chiediamo: che senso ha rimuovere un direttore che per molti versi questo modello già lo sta sperimentando con successo?
Per questo chiediamo una cosa semplicissima: che il direttore completi la sua carriera nel carcere che ha contribuito a trasformare in un laboratorio, dove le persone la loro condanna la scontano nello spirito della Costituzione.
Redazione di Ristretti Orizzonti
Don Marco Pozza, Parroco carcere Due Palazzi, Diocesi di Padova
Giotto Cooperativa Sociale
AltraCittàCooperativa sociale
Volontà di Sapere Cooperativa Sociale
Work Crossing Cooperativa Sociale
Gruppo Operatori Carcerari Volontari
I docenti della sezione carceraria dell’Istituto Einaudi-Gramsci
Associazione Granello di Senape Padova
Associazione Antigone (sezione Veneto)
Teatrocarcere Due Palazzi/BelTeatro
Telefono Azzurro
ASD Polisportiva Pallalpiede
Nairi Onlus
Fabio Schiavon e Giuseppe Faccini, Catechisti