Se l’abolizione dell’Irap resta una chimera per le imprese (stando alla delega fiscale del Governo), la stangata dell’Imu è invece una certezza. L’anticipo al 2012 della nuova imposta municipale unica, che da quest’anno sostituisce l’Ici, comporterà per le imprese manifatturiere del Veneto il pagamento di 523 milioni di euro, con un maggiore esborso di 164 milioni rispetto alla vecchia Ici. A Padova il gettito stimato è di 93,6 milioni, 35 milioni più del 2011. L’aumento della tassazione per le imprese venete sarà del 45,7% (+59,2% a Padova), se prima il Governo e poi i Comuni confermeranno l’aliquota base del 7,6 per mille per il saldo di dicembre. Ma l’eventuale ritocco in su dell’aliquota, che i primi cittadini potranno decidere entro il 30 settembre, determinerebbe incrementi anche del 200% sulle singole imprese. Una doccia ancora più gelata in quanto allunga una spirale di rincari che, da inizio dell’anno, ha già messo in fila accise sulla benzina e sull’energia, addizionali Irpef regionale e comunale, elettricità e prossimamente l’Iva. Il tutto in un momento già gravato da una profonda crisi economica e da bilanci in affanno
L’allarme arriva da Confindustria Padova che, utilizzando i dati dell’Agenzia del Territorio, ha stimato l’impatto dell’Imu sul sistema produttivo regionale. La simulazione ha considerato le categorie catastali in cui sono maggiormente presenti gli immobili destinati ad attività produttive – fabbricati ad uso produttivo, laboratori artigianali, magazzini – più gli alberghi, ed ha applicato l’aliquota base del 7,6 per mille su cui andrà calcolato l’acconto di giugno.
Dal confronto con la vecchia Ici, l’Imu si rivela un’esplosione fiscale che ha come detonatore i coefficienti “moltiplicatori” delle rendite catastali, aumentati tra il 20 e il 60 per cento. La stima elaborata dall’Ufficio Studi di Confindustria Padova ha applicato alla rendita catastale aggiornata (rivalutata cioè del 5%) i nuovi moltiplicatori, ricavando l’imponibile Imu. A questo è stata applicata l’aliquota del 7,6 per mille. L’impatto stimato sulle imprese manifatturiere del Veneto è un gettito di 523 milioni di euro, di cui il 72,6% a carico dei fabbricati produttivi, con un maggiore esborso di 164 milioni. Un macigno sulla competitività che potrebbe risultare ancora più pesante dopo la decisione finale sulle aliquote. Il Governo potrà modificarle entro il 31 luglio (a seconda del gettito dell’acconto), mentre i Comuni avranno tempo fino al 30 settembre per deliberarle e solo allora si avrà la misura esatta dell’impatto della nuova imposta sulle imprese. Anche se, in molti casi, la via dei rincari (oggi i sindaci possono far salire o scendere del 3 per mille l’aliquota base) sembra tracciata per salvare i bilanci comunali e quello dello Stato (cui va il 50% del gettito sugli immobili diversi dalla prima casa).
«L’Imu si profila come una super-tassa per le piccole e medie imprese, già provate dalla crisi – avverte il presidente di Confindustria Padova, Massimo Pavin -. Una distorsione del federalismo municipale che ha del paradosso in un Paese dove la pressione fiscale sugli onesti è al 54 per cento». «Attenti a tirare troppo la corda – avverte Pavin -. La cura da cavallo potrebbe uccidere il cavallo, aggravando le situazioni economicamente e socialmente difficili che si vanno determinando anche nel nostro territorio».
Da qui l’appello del presidente di Confindustria Padova ai sindaci dei 581 Comuni veneti, «a deliberare, ove possibile, l’aliquota minima ai fini del calcolo dell’imposta complessivamente dovuta per il 2012, su categorie particolari, come i fabbricati strumentali all’attività produttiva o i laboratori artigianali, e ad intraprendere aggregazioni per sperimentare modalità perequative tra servizi erogati ed imposte locali».
Ma è soprattutto al Governo Monti che Pavin rivolge l’appello a «chiudere la stagione dei sacrifici fatti di sole tasse, che contraggono i redditi e i consumi, e ad aprire quella dei tagli alla spesa, ridimensionando gli apparati e il pubblico impiego, aprendo così la strada a riduzioni del carico fiscale e a una politica industriale, finora latitante, per catturare un po’ di crescita. Mi riferisco a infrastrutture, riforma degli incentivi, smobilizzo dei pagamenti alle imprese, banda larga, misure per riattivare gli investimenti esteri».