Inquinamento e riproduzione umana: a Padova la scoperta, “i PFAS riducono il 40% del testosterone”

 

L’importante rivista mondiale di settore, il Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, pubblica i risultati di una indagine condotta dal gruppo di ricerca dell’unità operativa complessa di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Ospedale dell’Università di Padova, coordinata dal professor Carlo Foresta in collaborazione con il dottor Andrea Di Nisio del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova: “Scoperto il meccanismo inibitorio dei PFAS sul testosterone. Abbiamo dimostrato che i PFAS si legano al recettore per il testosterone, riducendone di oltre il 40% l’attività”. Un ennesimo riconoscimento scientifico per l’equipe guidata dal professor Foresta, che oggi terrà una conferenza stampa per spiegare le implicazioni di questa scoperta. L’inquinamento dell’acqua nella zona tra Padova, Vicenza e Verona insomma influirebbe non poco anche sulle capacità riproduttive dei più giovani. Intanto a Trissino la fabbrica principale indiziata di quell’inquinamento, ha chiesto di essere dichiarata fallita.

Recenti studi hanno riportato conseguenze sulla salute pubblica a diversi livelli nelle popolazioni esposte a elevate dosi dei PFAS. L’organismo li scambia per ormoni interferendo con l’azione delle ghiandole endocrine, causando malattie a breve e a lungo termine. Queste sostanze possono alterare l’equilibrio ormonale che è fondamentale per la crescita e lo sviluppo del feto e del bambino: le persone più esposte hanno un maggior rischio di patologie riproduttive (infertilità, abortività, endometriosi ecc), di disturbi comportamentali nell’infanzia e forse anche di diabete e di alcuni tipi di cancro (testicolo, rene, prostata). Molte di queste patologie associate all’inquinamento da PFAS si sviluppano in organi sensibili agli ormoni testicolari, ed in particolare al testosterone.

“Sulla base di questa osservazione – spiega il professor Carlo Foresta – abbiamo dimostrato in sistemi cellulari in vitro che i PFAS si legano al recettore per il testosterone, riducendo di oltre il 40% l’attività indotta da questo ormone. Nel maschio il testosterone è fondamentale per lo sviluppo uro-genitale. Non solo, l’elevata presenza di PFAS all’interno della circolazione fetale in donne in gravidanza residenti in zone inquinate potrebbe determinare anomalie nel corretto sviluppo”.

A questo scopo, i ricercatori hanno valutato lo sviluppo e la funzione testicolare in 212 giovani di età compresa tra 18 e 20 anni esposti all’inquinamento da PFAS. “Confrontando i risultati con quelli ottenuti in un analogo gruppo di controllo di giovani non esposti a questo inquinamento – continua Foresta – è emerso che negli esposti la distanza ano-genitale, determinata dalla stimolazione del testosterone in fase fetale, era significativamente inferiore ai controlli. Questi risultati suggeriscono un’interferenza in fase embrionale sullo sviluppo del sistema riproduttivo e i PFAS, così come altri interferenti endocrini non considerati in questo studio, possono essere coinvolti. Nei soggetti esposti, anche il volume testicolare risulta essere ridotto, così come la lunghezza dell’asta del pene. Infine, abbiamo osservato una concomitante riduzione del potenziale di fertilità, sebbene entro i limiti di normalità, che potrebbe essere un fattore di rischio di infertilità”.